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Questo articolo è stato pubblicato il 30 dicembre 2012 alle ore 08:11.

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Il leader repubblicano al Senato McConnell, chiamato a negoziare un accordo sul fiscal cliff. (Ap)Il leader repubblicano al Senato McConnell, chiamato a negoziare un accordo sul fiscal cliff. (Ap)

Al Senato si è lavorato fino alle prime ore di questa mattina per cercare un compromesso sul fiscal cliff e mettere a punto un progetto di legge che sospenda gli aumenti delle tasse automatici che colpirebbero 100 milioni di americani e portare al voto il progetto già questo pomeriggio. Una volta passato al Senato il progetto di legge sarà trasferito alla Camera. Il Presidente John Boehner ha già convocato un riunione del suo gruppo repubblicano per questo pomeriggio, ma ieri durante una conversazione privata con la Casa Bianca ha garantito che una volta passato al Senato il pacchetto sarà approvato anche alla Camera.

Domani, lunedì 31 dicembre, intorno a mezzogiorno, se tutto andrà secondo i piani, Barack Obama firmerà il compromesso in legge, la politica avrà evitato un imbarazzante fallimento e l'America si sarà salvata dal precipizio al di là della rupe fiscale.

Questo il copione, quello ottimistico. Non si escludono rotture dell'ultimo istante, ma sembra davvero che a questo punto la retorica aggressiva della politica sia stata messa da parte e che i due leader al Senato, Harry Reid che guida la maggioranza, e Mitch McConnell, il leader dei repubblicani, siano decisi a chiudere l'accordo. Dietro le quinte i funzionari del Senato di ambo i partiti hanno lavorato tutta la notte per risolvere i punti chiave e per sostituirsi alla Camera repubblicana che non preferisce "subire" un'iniziativa che prevede aumenti delle aliquote sui redditi più elevati piuttosto che "proporla".

Fra i rischi impliciti di un mancato accordo: la sospensione dei rimborsi fiscali per gli americani che hanno già inviato le dichiarazioni del reddito per il 2012 e che sono in attesa di un prezioso assegno del Tesoro americano. Il 95% di coloro che attendono i rimborsi sono cittadini comuni con redditi medio bassi. Inevitabile che rivedranno i loro programmi di spesa. Quasi certamente invece, sarà reintrodotto il contributo per le pensioni a carico del lavoratore, circa il 6,5% della busta paga, sospeso per due anni: si tratta secondo le stime medie di un costo aggiuntivo di 500 dollari all'anno per lavoratore.

Sul fronte delle spese sociali che sarebbero tagliate, entrambi i partiti sono decisi a preservare i contributi per i disoccupati, ma vi sono ancore differenze per la spesa sanitaria. Per metà gennaio ad esempio, in mancanza di accordo vi sarà anche una paralisi parziale del Medicare, il programma di assistenza per gli anziani; i meccanisimi automatici infatti taglieranno del 26,5% le tariffe di rimborso per i medici e di un altro 2% previsto per la riduzione del disavanzo dell'anno scorso. Sul fronte delle spese, i tagli automatici ridurranno di 500 miliardi di dollari su base decennale certe spese del Pentagono già allocate in base a commesse pluriennali.

Un taglio di queste spese comporterà il licenziamento di migliaia di persone e potenzialmente la chiusura di fabbriche piccole e dunque più vulnerabili e più esposte alla crisi. Ci sono poi centinaia di programmi sociali che verrebbero tagliati. Su molti di questi i repubblicani vedrebbero con favore l'abbattersi di una scure, ma su altri, di nuovo previsti dai meccanismi automatici, rischierebbero dei contraccolpi politici negativi, fra questi i tagli dell'8% previsti per l'assistenza finanziaria per affitti di case popolari, per l'approvvigionamento energetico per redditi bassi e per programmi alimentari per donne, bambini e neonati.

È su questo che si sta negoziando. Per il livello minimo su cui aumentare le tasse si dovrebbe trovare un compromesso sul livello di 400.000 dollari all'anno. «Non possiamo procurarci una ferita politica che colpirebbe la nostra economia» ha detto ieri Barack Obama nel suo discorso del sabato. È vero che il mercato sconta comunque un accordo entro gennaio in caso di fallimento questa settimana. E' anche vero che dopo l'iniezione di ottimismo di ieri un fallimento sarebbe accolto male. Non sarebbe un buon auspicio con cui cominciare il 2013, e di questo a Washington, al di là della retorica, ne sono consapevoli tutti.

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