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Questo articolo è stato pubblicato il 03 gennaio 2013 alle ore 19:36.
La par condicio è una delle leggi meno rispettate della Repubblica. La legge, nata nel 2000 su un primo impulso dell'allora presidente Oscar Luigi Scalfaro, che pronunciò per primo il termine "par condicio", si basa su principi chiari ma di problematica attuazione.
Da una parte, un conflitto d'interessi non risolto pone il problema di un gruppo televisivo, Mediaset, che ha per maggiore azionista un leader politico che è, di volta in volta o Presidente del Consiglio o capo dell'opposizione. E ha avuto modo di nominare per anni la maggioranza del Cda Rai e, a cascata, le relative scelte dei direttori di reti e testate. Da qui le "ospitate" fatte contattandoli direttamente.
È già difficile controllare e monitorare le televisioni, ancor più dopo la moltiplicazione dei canali causata dal digitale e dalla moltiplicazione delle piattaforme (la par condicio su Internet è una missione impossibile anche da concepire). Bisogna avere un monitoraggio in grado di far intervenire l'Autorità preposta con immediatezza, per ripristinare le violazioni della parità di trattamento.
L'Agcom, ovvero l'Autorità preposta, intanto, è nominata dal Parlamento e risente del conflitto d'interesse e di una spartizione interna tra i partiti. In più, ha un monitoraggio che, ad esempio, non consente di individuare la presenza di un singolo leader o capo di coalizione su questo o quel Tg o programma, ma solo quella dei partiti nei Tg e nelle trasmissioni extra-Tg.
I tempi sono essenziali per applicare la par condicio: basta pensare che il prossimo Consiglio dell'Agcom si riunirà solo il 10 gennaio, quando la par condicio è entrata in vigore del 24 dicembre ed è stata più volte violata. Ed è facile prevedere altre e ripetute violazioni in questi giorni.
Il presidente della Vigilanza Sergio Zavoli ha parlato di «grave sgarro» della Rai, poi ha precisato di non aver parlato dell'intervista di Monti a Unomattina. Ha tentato, comunque, di porre uno stop ad un'evidente polarizzazione della campagna elettorale tra Monti e Berlusconi, con il Pd che sembra auto-escludersi, manifestando una cultura risalente agli anni settanta: "vinciamo nelle piazze e nei comizi", "la tv serve a ben poco". I partiti e i soggetti minori sono penalizzati da sempre con o senza par condicio.
Quanto accaduto negli ultimi quindici-venti anni dovrebbe far riflettere su quanto, invece, la tv possa influenzare gli indecisi (non chi è convinto del proprio voto). Lo dimostrano le ricerche fatte negli Stati Uniti dagli anni 30 in poi.
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