Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 08 gennaio 2013 alle ore 16:50.

My24

Una condivisione che attraversa tutti i partiti. Puntare sul manifatturiero per rilanciare il paese, ridurre la pressione fiscale, avere una burocrazia che non sia da ostacolo agli investimenti, così come un sistema di infrastrutture adeguato per lo sviluppo: sono i punti cardine di una politica industriale, così come li ha indicati il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, in un articolo apparso oggi su Il Sole 24 Ore. E si registrano le prime reazioni della politica. Nel centro e centro-destra c'è sintonia. Anche nel Pd, come ha detto recentemente il leader, Pierluigi Bersani, c'è la volontà di puntare sull'economia reale.

Brunetta: i suoi obiettivi sono i nostri
«I suoi obiettivi sono i nostri, bisogna mettere il manifatturiero al centro. E la riduzione delle tasse deve andare in parte alle famiglie, per rilanciare i consumi, in parte alle aziende, per avere più produttività, più competitività e quindi più occupazione», dice Renato Brunetta, responsabile economico Pdl, che si dichiara «in sintonia» con le sollecitazioni del presidente di Confindustria. E sottolinea già i primi passi compiuti con la legge di stabilità, di cui è stato relatore: l'approvazione di quello che lui chiama il «fondo Giavazzi-Brunetta-Squinzi», frutto della revisione degli incentivi alle imprese, che si dovrà tradurre in un credito di imposta per le aziende a favore della ricerca e della riduzione fino all'eliminazione dell'Imu. Nel programma Pdl, dice Brunetta, ci sarà un calo delle tasse di un punto all'anno, da destinare alla riduzione dell'Imu e al quoziente familiare e alla riduzione dell'Irap per le imprese, per una somma di 7-8 miliardi all'anno. Quanto al titolo V della Costituzione, che Squinzi chiede di ripensare per rivedere assetti istituzionali e il perimetro per arrivare ad un decentramento responsabile, Brunetta afferma: «è stato voluto dalla sinistra. Noi puntiamo ad una revisione della Costituzione in senso presidenzialista, puntiamo al federalismo fiscale».

Galletti: un Paese senza imprese competitive non va da nessuna parte
È una «analisi corretta» quella di Squinzi anche per Gianluca Galletti, responsabile economico Udc. «Un paese senza imprese competitive o che criminalizzi le imprese non va da nessuna parte», commenta. E indica alcune delle prime azioni che dovrà fare il prossimo governo: approvare la delega fiscale «per avere poche regole e sopratturro certe e non retroattive» sul fisco e avviare una revisione della spesa pubblica, «a partire da una nuova archietttura dello Stato». Secondo Galletti «Regioni, province e comuni sono una macchina vecchia che drena molta benzina ma che va piano e non funziona». È questa revisione la premessa necessaria per avere una Pubblica amministrazione che funzioni e che non sia da ostacolo alle imprese. Il responsabile economico Udc non si sbilancia sulla quantificazione di un calo delle tasse: «in ordine cronologico bisogna prima ridurre la spesa pubblica». Comunuqe pensa ad un calo dell'Irap per le imprese, per renderle più competitive e favorire l'occupazione, e ad un taglio per le famiglie, per rilanciare i consumi.

Fassina: ridurre le tasse su lavoro e impresa
Consenso e convergenza nell'analisi anche nel Pd. «Squinzi mette in evidenza giustamente la centralità della politica industriale. Già nel 2008, con Bersani ministro dello Sviluppo, avevamo individuato Industriale come cruciale per lo sviluppo del paese» dice Stefano Fassina, responsabile economico del Pd. «Serve una politica industriale e noi lo ripetiamo da tempo. Non basta il risanamento del bilancio per lo sviluppo del paese. Bisogna pensare all'economia reale». Fassina sottolinea: «Squinzi non torna sulla retorica del mercato del lavoro. Si concentra su due priorità, la Pubblica amministrazione e la riforma del titolo V. Io aggiugerei anche la politica energetica». Secondo Fassina vanno ridotte le tasse su lavoro e imprese e occorre una redistribuzione del reddito, dall impresa e I'll lavoro ai grandi patrimoni.

Damiano: rischiamo di veder scomparire la nostra manifattura
«Squinzi ha ragione: siamo il secondo paese manifatturieri dopo la Germania e rischiamo di veder scomparire la nostra manifattura», dice Cesare Damiano, ex ministro del Lavoro, che sottolinea subito il problema del costo del lavoro come prima azione del prossimo governo. «Va ridotto - dice - con quante risorse è ancora da quantificare, ma è importante non destinare tutte le risorse che si risparmiano al risanamento del debito». Sull Irap è più prudente, anche se ritiene che non debba penalizzare l'occupazione e che andrebbe modulata diversamente. Su alcuni temi collegati al Titolo V della Costituzione, come la formazione, servono standard nazionali, mentre sull'internazionalizzazione un'azione sinergica può esserre più efficace

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi