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Questo articolo è stato pubblicato il 11 gennaio 2013 alle ore 08:32.

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MILANO - Il copione rischia di ripetersi: agli arresti nelle società che gestiscono il ciclo dei rifiuti segue l'emergenza ambientale. Il filo rosso che tiene assieme il quadro è uno: criminalità organizzata a braccetto con la cattiva amministrazione della cosa pubblica. È ciò che potrebbe ripetersi nell'alto jonio etneo, dove ieri la Dia di Catania, su richiesta della Dda, ha arrestato 27 persone. L'ipotesi è che Cosa nostra si sia pesantemente infiltrata nella gestione dell'attività dell'Ato Ct1 Jonioambiente. Un nuovo fronte, dunque, in una regione che già convive da mesi con l'emergenza rifiuti da Agrigento a Palermo.

Ad entrare questa volta in gioco è stata, secondo le ipotesi investigative, la cosca mafiosa dei Cintorino di Calatabiano, consorziata con il gruppo dei cursoti catanesi ed entrambi federati al potente clan dei Cappello. Il gruppo criminale poco avrebbe potuto se non avesse potuto contare su funzionari e amministratori. «È emersa l'assenza di controlli sostanziali – dichiara il direttore nazionale della Dia Arturo De Felice – che avvenivano solo formalmente e con debito preavviso nei tempi e nei modi. Una situazione aggravata dal fatto che in più circostanze, laddove venivano individuate circostanziate irregolarità, le autorità evitavano la contestazione degli addebiti, rivolgendosi per la risoluzione del problema a Roberto Russo, ex responsabile tecnico-operativo della società Aimeri Ambiente che opera nel ciclo dei rifiuti nell'area ionica-etnea e che si è aggiudicata l'appalto bandito dalla Ato Ct1 joniambiente per quel comprensorio e, al tempo stesso, esponente di spicco del clan mafioso dei Cintorino». La società Aimeri ambiente si è detta del tutto estranea e ha annunciato che si costituirà in giudizio come parte lesa.

Il filone più importante di questa indagine per la Dia è però quello che, al momento, resta dietro le quinte: le condotte degli amministratori pubblici e la disponibilità manifestata dalla società nel favorire lavori e assunzioni, soprattutto a tempo determinato, di personale. Il copione si ripete da talmente tanto tempo che la relazione conclusiva sulla Sicilia della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite del ciclo dei rifiuti, del 20 ottobre 2010, recita: «Il settore dei rifiuti è organizzato per delinquere».

È tutto il sud ad essere una polveriera sotto la spinta di indagini, arresti ed emergenze ambientali. Martedì prossimo la Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti si occuperà della Campania e della Basilica dove i traffici criminali e l'inerzia della politica si riflettono sulle emergenze che si ripetono con frequenza sospetta. In Campania è persino superfluo ricordare cosa accade a Napoli e quali siano gli interessi della camorra legati all'emergenza ma quel che preoccupa è che ormai anche Puglia e soprattutto Calabria hanno iscritto stabilmente il tema in agenda. In quest'ultima regione il commissario straordinario Vincenzo Speranza da mesi sta rincorrendo le falle che si aprono da Catanzaro a Lemezia passando per Reggio Calabria: discariche piene e 'ndrangheta che soffia sul fuoco. A Reggio, dopo le inchieste della Procura che hanno investito la società di gestione ambientale, le strade si sono riempite di immondizia. Un'altra coincidenza.

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