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Questo articolo è stato pubblicato il 15 gennaio 2013 alle ore 14:02.

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Ci vedevano benissimo, le "talpe" del Tribunale di Napoli. Sapevano dove mettere le mani e come fare a nascondere le tracce. Qualcosa però non è andata bene se la banda che trafficava segreti giudiziari, manipolava fascicoli e ostacolava i processi in cambio di robuste mazzette (dai 1500 euro per un rinvio di un'udienza ai 15mila per la materiale manomissione delle carte) è stata sgominata quest'oggi da un blitz della Guardia di finanza ordinato dalla Procura partenopea (le indagini sono state condotte dal procuratore aggiunto Sandro Pennasilico).

In carcere sono finiti due dipendenti della Corte d'appello di Napoli, Mariano Raimondi e Giancarlo Vivolo, e il faccendiere Vincenzo Olivo. Arresti domiciliari, invece, per gli avvocati Giancarlo Di Meglio, Giorgio Pace, Stefano Zoff e Fabio La Rotonda (quest'ultimo impegnato, negli anni scorsi, nei collegi difensivi dei boss della camorra di Forcella, i famigerati fratelli Giuliano) e per altre diciotto persone. In totale sono 45 gli indagati, tra cui anche alcuni cancellieri, incastrati da un lungo e complesso lavoro investigativo fatto di riprese filmate e intercettazioni telefoniche e ambientali. Il gip che ha firmato le ordinanze di custodia cautelare parla di «un vero e proprio sistema illecito profondamente radicato» che sfrutta lo stato di crisi della macchina giudiziaria partenopea, ingolfata da carenze di personale e dall'oggettiva difficoltà a fronteggiare centinaia di migliaia di processi, per imporre «corruzione, maneggio e mercimonio». Gli interventi della "cricca" erano finalizzati soprattutto a ottenere scarcerazioni (si sospetta anche di esponenti della criminalitò organizzata) e rinvii di udienze particolarmente delicate oltre che a evitare, soprattutto in Corte d'appello, abbattimenti di costruzioni abusive. Agli atti c'è anche la ricostruzione di un episodio in cui risulta coinvolto un poliziotto accusato di aver falsificato una relazione a favore di un pregiudicato per fargli ottenere l'affidamento in prova ai servizi sociali.

La documentazione taroccata sarebbe stata inserita nel fascicolo personale del detenuto poco prima dell'udienza grazie alla complicità di un dipendente del Tribunale di sorveglianza, che avrebbe anche provveduto a far sparire l'autentica relazione assai critica nei confronti del pregiudicato.

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