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Questo articolo è stato pubblicato il 20 gennaio 2013 alle ore 18:17.

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La linea dura di Barack Obama per negoziare il tetto del debito ha dunque vinto. L'annuncio della sua posizione, non vi sono presupposti giuridici per legare debito e tagli alla spesa, è giunto nella sua conferenza stampa di lunedi scorso, l'ultima del primo mandato. Venerdì i repubblicani hanno ceduto: i limiti all'indebitamento, in scadenza alla fine di febbraio saranno alzati per altri tre mesi e non costituiranno una partita di scambio per i tagli alla spesa. Il drastico – e inatteso - cambiamento di rotta repubblicana è stato annunciata in un terso comunicato del capo della maggioranza alla Camera Eric Cantor, un falco, il fautore da sempre del muro contro muro e colui che sul negoziato per le tasse aveva tagliato le gambe al presidente della Camera, John Boehner.

Questo significa, nel breve termine, che il pericolo di "fallimento" degli Stati Uniti d'America (cui peraltro credevano in pochi) è stato scongiurato. Ma al di là dell'aspetto tecnico, la valenza più importante della notizia di ieri, giunta in tarda serata - prima del lungo week-end del Martin Luther King Day e dell'inaugurazione per il secondo mandato Obama - è politica, la chiave di volta su cui si potrebbe costruire l'iter legislativo nei prossimi quattro anni. Quel che è successo tra lunedì e venerdì diventa dunque un "case study".

Dopo aver perso il voto sulle tasse a cavallo di capodanno, la prima vittoria bipartisan di Obama, i repubblicani infatti insistevano che ci fosse un vincolo tra il rinnovo del tetto sul debito e i tagli alla spesa, il secondo "capitolo" del "fiscal cliff". Il presidente della Camera John Boehner chiedeva un rapporto di «un dollaro di aumento del tetto sul debito per ogni dollaro di spesa tagliata». Ma un po' tutti i repubblicani non facevano mistero del fatto che il vincolo serviva per indebolire la mano negoziale del presidente con un vero e proprio ricatto. Se non si fosse rinnovato il tetto sul debito per colpa di Obama, il presidente avrebbe portato l'America al fallimento.

Non è stato così, lunedì il presidente ha annunciato che non avrebbe cambiato la sua posizione e ha dato una brillante giustificazione, sia logica che tecnica, del perché la responsabilità di aumentare il tetto sul debito fosse del Congresso: «Il Congresso approva un bilancio e ci chiede di spendere, noi sottoscriviamo contratti ma poi non ci vengono dati i fondi già approvati per far fronte alle spese. È come entrare in un ristorante, mangiare e andarsene senza pagare il conto», aveva detto Obama. In effetti tutto dal punto di vista tecnico dava ragione alla posizione del presidente.

I sondaggi si muovevano a suo favore. E i repubblicani si rendevano conto che Obama avrebbe usato la piattaforma del discorso per l'inaugurazione del suo secondo mandato di lunedì per imbarazzarli di nuovo. Ora però saranno i repubblicani a mettere sotto scrutinio la buona fede del Presidente: «Eliminiamo questa pistola puntata alla tempia degli americani e negoziamo i tagli alla spesa in modo coerente. Troveremo una soluzione» aveva promesso Obama. La troveranno. Da ieri la pistola alla tempia non c'è più e il pericolo di bancarotta scongiurato. Per altri tre mesi.

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