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Questo articolo è stato pubblicato il 23 gennaio 2013 alle ore 18:03.

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Ilva, procura di Taranto: no al dissequestro «vincolato» dei prodottiIlva, procura di Taranto: no al dissequestro «vincolato» dei prodotti

No al dissequestro "vincolato" dell'acciaio. La procura della Repubblica di Taranto - che si occupa dell'inchiesta per disastro ambientale a carico dei vertici dell'Ilva - ha espresso parere negativo sulla nuova istanza di dissequestro della merce finita e semilavorata che è ferma nei capannoni dello stabilimento perché considerata provento di reato, in quanto prodotta nei mesi in cui gli impianti dell'area a caldo erano sotto sequestro senza facoltà d'uso. L'istanza di dissequestro era stata presentata solo ieri dal presidente dell'Ilva Bruno Ferrante.

I pm propongono nuova questione di legittimità
Il «no» formulato oggi dai magistrati della procura tarantina sarebbe motivato dal fatto che non vi sono elementi nuovi che permettano di cambiare la decisione.
Inoltre, la procura ionica ha chiesto al gip di sollevare una nuova questione di legittimità costituzionale della legge "Salva-Ilva". Ogni decisione sul sequestro dell'acciaio, circa 1,7 milioni di tonnellate di prodotto che vale circa un miliardo di euro, è stata sospesa dai magistrati (sia dal gip che dai magistrati del tribunale dell'appello cautelare) in attesa del pronunciamento della Consulta sui profili di incostituzionalità sollevati dalla procura ionica sulla legge 231 del 24 dicembre 2012, detta "salva-Ilva".
«Il mercato dell'acciaio non aspetta la Corte costituzionale italiana», ha detto il ministro dell'Ambiente Corrado Clini in una conferenza stampa a Taranto, rispondendo a chi gli chiedeva cosa succederà se la Consulta dovesse accogliere le questioni di legittimità costituzionale e il conflitto di competenze avanzati dai giudici sul "salva Ilva" approvato dal Parlamento.

Ora l'istanza dell'Ilva passa nelle mani del gip
Dopo il nuovo parere negativo, ora l'istanza di dissequestro dell'acciaio dell'Ilva, che l'azienda ritiene fondamentale per la prosecuzione dell'attività industriale, passa nelle mani del gip Patrizia Todisco.
Martedì 22 gennaio il presidente Ferrante aveva nuovamente chiesto alla procura di Taranto lo sblocco delle merci sequestrate: nella nuova istanza l'Ilva assume l'impegno che in cambio del dissequestro dei prodotti i proventi derivanti dalla commercializzazione degli stessi siano destinati sia al pagamento degli stipendi dei lavoratori che all'adeguamento degli impianti all'Aia (Autorizzazione integrata ambientale) per il risanamento dell'azienda, e a «quant'altro necessario per la sopravvivenza dello stabilimento». Sottoponendo tali investimenti al controllo del Garante per l'attuazione dell'Aia Vitaliano Esposito.

L'Ilva pronta a chiedere cassa integrazione per 6-8mila lavoratori
Intanto, c'è il concreto rischio della cassa integrazione per i lavoratori dell'Ilva di Taranto. Se la situazione dell'azienda non si sbloccherà in pochi giorni, Ilva potrebbe mettere in cassa integrazione straordinaria da un minimo di 6mila a un massimo di 8mila dipendenti.

Il dato, drammatico, è emerso nel corso dell'incontro di oggi tra il ministro dell'Ambiente, Corrado Clini, le organizzazioni sindacali e il presidente del siderurgico più grande d'Europa, Bruno Ferrante. Una riunione avvenuta nell'Ilva di Taranto tra straordinarie misure di sicurezza perché la questura ha blindato la città e ha preteso l'invio di altri 350 uomini delle Forze dell'ordine per scoraggiare eventuali proteste.

Più tardi, durante una riunione che si è svolta in Prefettura a Taranto, Clini ha incontrato i magistrati. Lo stesso ministro, pur non fornendo numeri al riguardo, ha detto al termine dell'incontro che «sta per essere presentata una richiesta importante di cassa integrazione da parte dell'azienda».
«Domani - ha precisato Clini - doveva esserci un incontro con i sindacati ma questo è stato rinviato perché ci sarà prima una verifica tra Ilva e Governo». «In sostanza - ha spiegato il ministro - vogliamo capire quali spazi e margini ha l'Ilva per riprendere la produzione» e in che misura l'azienda può far fronte alle prescrizioni dell'Aia visto che sono diffuse le preoccupazioni che la stessa azienda possa non farcela».

Spunta nuova strada per lo sblocco dell'acciaio deteriorabile
A margine della conferenza stampa, Clini ha affermato che si continuerà a lavorare nelle prossime ore per cercare una soluzione al problema. Tra le ipotesi allo studio della magistratura e del governo per salvare l'Ilva ci sarebbe il dissequestro e la vendita dell'acciaio deteriorabile fermo dal 26 novembre sulle banchine del porto, con lo spostamento del sequestro sulle somme ricavate.

«Siamo vicini al momento della verità» e «c'è un equilibrio perfetto tra angoscia e fiducia», ha detto il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola. «Ognuno sta dando il suo contributo. Partiamo evitando conflitti tra poteri dello Stato, è una strada tutta in salita ma faremo tutti i tentativi per sciogliere questo nodo in una vicenda che non ha precedenti», ha concluso Vendola.



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