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Questo articolo è stato pubblicato il 25 gennaio 2013 alle ore 10:42.

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Reati dei colletti bianchi tra i più prescritti
Il capitolo corruzione si chiude così anche se in qualche modo ha un seguito nella parte della relazione sul processo penale, in particolare là dove si parla della prescrizione e della necessità di una riforma per evitare che ogni anno migliaia di processi vadano al macero. Anche se il trend è in diminuzione progressiva, nel 2011 le prescrizioni sono state nel 128.000: «numeri non tollerabili rapportati a quelli dei nuovi procedimenti penali sopravvenuti ogni anno (oltre 1.600.000)». Le statistiche ministeriali non hanno rilevato quali tipologie di reato si prescrivono più frequentemente di altre, ma non è un mistero che fra queste ci sono sicuramente i reati dei colletti bianchi, come nota Lupo, considerata la difficoltà di far emergere la notitia criminis. Di qui le preocupazioni degli organismi internazionali, che ci solletano da tempo una riforma della prescrizione quanto meno dei reati contro la pubblica amministrazione, per consentire che i processi arrivino a una sentenza definitiva. Il che, purtroppo, non avviene. A testimoniarlo ci sono i dati della Cassazione: «la percentuale di dichiarazioni di prescrizione pronunciate dalla Corte nel 2012 per questo tipo di reati - si legge nella relazione - rappresenta il 13,5% del totale (58 su 435) mentre la percentuale dei ricorsi per Cassazione definiti relativi ad essi è stata, nel medesimo anno, pari a solo il 4,8% (2.486 su 51.460)».

Idee per sciogliere il nodo prescrizione
Dunque, urge una riforma. Lupo l'aveva già detto l'anno scorso e con lui tutti i presidenti di Corte d'appello. E aveva dato anche delle indicazioni - ora ribadite - sul possibile tipo di intervento (per esempio collegare termini di prescrizione autonomi ad ogni passaggio di fase o grado, senza limiti temporali massimi globali, così da rendere tendenzialmente ininfluenti tattiche dilatorie della definizione del procedimento e da scoraggiare impugnazioni prive di fondamento. Così come dovrebbe essere rivista la disciplina della decorrenza del termine di prescrizione, «proprio per ovviare allo squilibrio che intercorre tra reati che si consumano palesemente o che vedono come persone offese soggetti privati e reati in cui le modalità del fatto o l'incidenza di questo su interessi esclusivamente pubblici ritarda di gran lunga l'acquisizione della notizia di reato e quindi il concreto inizio dell'accertamento giudiziale).

Commissione ministeriale «motivo di speranza»
Anche in questo caso Lupo fa un riconoscimento alla Severino: sebbene il ministro l'anno scorso - proprio dopo le cerimonie del nuovo anno giudiziario - avesse detto che la riforma della prescrizione non era «una priorità», il primo presidente della Cassazione le riconosce di aver insediato una commissione ministeriale (anche se dopo l'approvazione della legge anticorruzione) per studiare un progetto di riforma e di averla sollecitata a concludere i lavori in tempi brevi. Il che, dice Lupo, «è un motivo di speranza».

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