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Questo articolo è stato pubblicato il 26 gennaio 2013 alle ore 09:49.

Sì, perché lo Special One accetta di mettersi al servizio di Massimo Moratti nell'Inter orfana di Mancini. Tre anni per 10 milioni di euro a stagione, ecco i termini dell'accordo che fa del tecnico portoghese uno dei più pagati coach del pianeta. L'inizio è col botto. Il 24 agosto del 2008 l'era Mourinho a Milano comincia con la vittoria della Supercoppa italiana: 8 a 7 alla Roma dopo i calci di rigore. La fortuna ci mette del suo e Moratti applaude. Lo farà fino al termine della stagione. L'Inter vince il quarto scudetto consecutivo e mette d'accordo tutti. Gioca bene e raccoglie tanto. Merito di Mourinho, che diventa protagonista fuori e dentro il campo. Sbuffa e attacca, mugugna e assalta, Mou indossa i panni del sergente di ferro e si trasforma nel nemico pubblico numero 1 della classe arbitrale, che prova con risultati modesti a tenerlo a bada a colpi di squalifiche e ammende.
Il copione non cambia la stagione successiva. Almeno sotto il profilo delle scaramucce con la stampa e con le giacchette nere. Mourinho contro tutti, ormai è sfida colpo su colpo. Nel febbraio 2010, l'ennesima trovata che fa il giro del mondo. Nel corso di Inter-Sampdoria, lo Special one mima le manette in direzione dell'arbitro, apriti cielo. Gli verranno inflitte tre giornate di squalifica e 40 mila euro di ammenda. Noccioline per i numeri del portoghese. Che è pronto a mettere scompiglio nel sonno degli appassionati di fede neroazzurri. In rapida successione, arrivano infatti scudetto, Coppa Italia e Champions League. E' l'anno del triplete, la Milano interista celebra il successo che vale un posto nella storia del futbol e riserva a Mourinho uno spazio di tutto rispetto nel gotha degli eletti con la maglia del Biscione. Altro che amore, manca poco alla venerazione.
E mentre c'è chi prega Moratti di legare il tecnico alla panchina dell'Inter con un contratto a vita, arriva la notizia che spinge alla lacrime i seguaci della prima ora. Mourinho decide di accettare la panchina del Real Madrid e saluta la città alla quale promette fedeltà e riconoscenza eterna. "Se non sei campione con il Real, ci sarà sempre qualcosa nella tua carriera che ti mancherà", spiega l'allenatore al momento della partenza. Dopo il Portogallo, l'Inghilterra e l'Italia, Mourinho decide di far sua anche la Spagna.
A Madrid è accolto come un eroe. Il presidente Florentino Perez l'ha voluto fortemente per spezzare l'incantesimo del Barca stellare di Guardiola, che con il trio delle meraviglie Messi-Xavi-Iniesta detta legge senza soluzione di continuità. Il primo anno è di rodaggio. Arriva la vittoria della Coppa di Spagna, ma non c'è nulla da fare per la Liga, che viene vinta dai blaugrana con 4 punti di vantaggio sulle merengues. Al Barcellona il piacere di mettere la firma anche sull'eliminazione della truppa di Mourinho nella semifinale di Champions League. La maledizione continua.
Le cose cambiano radicalmente dodici mesi dopo. Perché grazie alle magie di Cristiano Ronaldo il Real torna a far la voce grossa nella Liga. Record di punti in campionato (toccata quota 100), con un più 9 sul Barcellona che restituisce il buon umore ai tifosi dei blancos. Mourinho festeggia il settimo scudetto della sua carriera e il presidente Perez prova a risolvere il problema prima che si presenti, offrendo e ottenendo il prolungamento del contratto del portoghese fino al 2016. Purtroppo, però, sfuma un'altra volta il sogno Champions. Il Real viene eliminato in semifinale dal Bayern Monaco ai calci di rigore. Poco male, si dirà, c'è tempo per fare meglio.
Cambiano le squadre, i giocatori, i giornalisti e le giacchette nere. Non cambia per Mourinho il modo di intendere il pallone e tutto ciò che lo circonda. Anche in Spagna, lo Special One divide e separa con una vis polemica spesso difficile da interpretare. Il tecnico portoghese è fatto così. Per alcuni, è un vile provocatore. Per altri, l'esempio da seguire, l'allenatore che ha rivoluzionato la comunicazione nel calcio. Con lui o contro lui, le mezze misure non sono contemplate quando si è al suo cospetto. Anche nelle segrete stanze dello spogliatoio.
Qualche giorno fa il quotidiano sportivo spagnolo Marca ha dato notizia della mozione di sfiducia nei suoi confronti che alcuni giocatori di prima fila del Real avrebbero consegnato personalmente nelle mani del presidente Perez. L'ultimo capitolo di un lungo periodo di tensioni che hanno preso forma dalle parti del Bernabeu. Ormai la decisione è nell'aria. Mourinho sarebbe a un passo dall'addio. Probabilmente, terminerà la stagione a Madrid, ma poi chiederà al club spagnolo di lasciarlo partire per altre destinazioni. Gli manca la Premier. Ma davanti ha ancora almeno vent'anni di carriera. Prima o poi potrebbe capitare. A Milano non vedono l'ora.
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