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Questo articolo è stato pubblicato il 06 febbraio 2013 alle ore 13:03.

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Forse non è un caso che sia stato il presidente francese François Hollande il primo leader europeo a sollevare la questione del supereuro proponendo di indicare un obiettivo di medio periodo del cambio. Secondo uno studio di Deutsche Bank, infatti, sono la Francia (e l'italia) i due Paesi più a rischio in caso di ulteriore apprezzamento della moneta unica. Anzi, a ben vedere, i danni alla competitività del made in Italy e del made in France sono già ben visibili, se è vero che la soglia di tolleranza è rispettivamente di 1,17 dollari per l'Italia e di 1,24 per la Francia. Stamane il cambio viaggia intorno a 1,35, e la settimana scorsa è arrivato a 1,37, dunque ben oltre quel tetto.

Come si calcola la soglia del dolore? Gilles Moec, analista di Deutsche Bank, ha usato tre variabili. La prima è il tasso di cambio effettivo, cioè calcolato in base ai flussi commerciali di ciascun Paese (trade-weighted); la seconda è la variazione del tasso di cambio effettivo nell'ultimo anno; la terza è l'andamento della domanda mondiale per l'export. Il mix di questi tre fattori è stato poi affiancato a un indicatore della Commissione Ue che misura la percezione degli esportatori sulla posizione competitiva del proprio Paese.

I risultati sono molto incoraggianti per la Germania. Nella peggiore delle ipotesi, cioè se la domanda mondiale dovesse restare ai livelli bassi del terzo trimestre del 2012, le imprese tedesche potrebbero infatti sopportare un cambio euro-dollaro fino a 1,54, cioè ben oltre l'attuale livello. Se invece il Pil mondiale tornerà a crescere secondo il trend pre-crisi, il made in Germany può dormire sogni tranquilli fino a quota 1,94. Per l'italia invece il quadro è cupo in tutti i casi: la soglia del dolore resta infatti inchiodata tra 1,16 e 1,17, comunque vadano le cose.

La vera sorpresa è la Spagna, che tollera un cambio sul dollaro compreso tra 1,83 e 1,94 a seconda dello scenario. Il merito, secondo lo studio, è di due fattori: il forte recupero di produttività realizzato dal Paese negli ultimi anni, come conferma il rilancio dell'industria dell'auto iberica (oggi la Spagna produce il triplo di auto dell'Italia ed è al secondo posto in Europa proprio dietro la Germania) e la crescente integrazione del sistema industriale spagnolo nella catena produttiva globale. Due vantaggi che avvicinano la Spagna al modello tedesco, il quale ha nella specializzazione nella gamma più elevata dei prodotti un altro punto di forza che invece manca a Madrid.

Cosa possono fare Italia e Francia per resistere meglio alla fluttuazione del cambio? La conclusione è laconica, e prevedibile: somigliare un po' di più alla Germania, cioè aumentare rapidamente il tasso di produttività e integrare maggiormente la propria industria nel sistema globale.

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