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Questo articolo è stato pubblicato il 09 febbraio 2013 alle ore 09:06.

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Nell'autunno scorso, negli Stati Uniti, più si avvicinavano le elezioni presidenziali più aumentava il ritmo di sondaggi, speciali tv, breaking news, commenti, aggiornamento 24 ore su 24 della mappa del Paese con gli Swinging States, gli Stati in bilico, punto interrogativo e chiave della vittoria. Oltreoceano una legge come quella italiana (la 28 del 2000), che da ieri vieta di pubblicare le rilevazioni demoscopiche nelle ultime due settimane di campagna elettorale, sarebbe impensabile. È però il precedente della Francia che potrebbe riguardarci da vicino.

Nel maggio 2012 mentre Parigi si chiedeva chi avrebbe vinto la sfida presidenziale fra François Hollande e Nicolas Sarkozy, a urne ancora aperte (in alcune città si chiudeva alle 18,30, in altre alle 20), spuntava su Twitter l'hashtag #radioLondres o #RadioLondon, omaggio alla trasmissione da Londra che diffondeva messaggi nella Francia occupata dai nazisti durante la seconda guerra mondiale.

Così, replicando il 2007, la tv belga Rbtf pubblicava gli exit poll della corsa all'Eliseo, violando il divieto a cui peraltro non era vincolata. Complice Twitter, si è saputo molto prima di sera che Hollande era avanti. In Francia ha prevalso la frenesia: nello stesso pomeriggio la France Presse decideva di rompere l'embargo, rischiando una multa di 75mila euro. La pezza d'appoggio di Afp fu: «Diversi media hanno iniziato a pubblicare stime basate sui seggi chiusi alle 18: abbiamo deciso di fornire le informazioni in nostro possesso ai nostri clienti. Spetterà a questi ultimi», non dunque ai lettori finali, sottolineava l'agenzia, «ma a carta stampata, tv, radio e siti web, decidere se pubblicare o meno questa informazione. Afp - concludeva la nota - non fornirà questi dati direttamente ai lettori dei suoi servizi internet prima delle 20».

In Italia il blackout elettorale durerà fino al 24 febbraio, ma la campagna elettorale si è fatta finora anche sul web ed è difficile che ora le cose cambieranno. «Noi abbiamo un obbligo non legale ma morale di non divulgare i sondaggi - spiega Alberto Nardelli, cofondatore di Electionista, piattaforma con sede a Londra che segue politica e giornalisti di 100 Paesi su Twitter fornendo soprattutto sondaggi e aggiornamenti delle elezioni -. D'ora in poi daremo solo la notizia citando altre fonti». Che certo non mancheranno perché i sondaggisti continueranno a lavorare e i risultati verranno inviati a privati e aziende iscritti alla newslwetter degli istituti di ricerca.

Quindi basta un sito, un blogger, un politico o un giornalista che vuol far uscire un certo risultato e, fra anonimato del web e siti registrati in altri Paesi, la legge è aggirata. In più - nota Nardelli - dalla prossima settimana ogni politico citerà il suo sondaggio, che quindi continuerà a circolare ma in bocca a un soggetto parziale. I numeri saranno ancora meno certi, non vi sarà neanche il conforto di una fonte terza «ma tanta narrativa» attorno a numeri usati da chi ha un interesse. Ovviamente nel Regno Unito non esiste una legge così. Blackout elettorali simili a quello italiano ci sono invece, conclude Nardelli, «in Russia, Grecia e i Paesi dell'Europa dell'Est».

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