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Questo articolo è stato pubblicato il 08 febbraio 2013 alle ore 06:40.

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TUNISI. Dal nostro inviato
In quale clima politico si è consumato l'assassinio di Choukri Belaid ed è divampata la rivolta contro gli islamici? «Vogliono combattere l'ignoranza con l'ignoranza», commenta sconsolato Walid, giovane custode del mausoleo di Sidi Bou Said incendiato dai salafiti: in un anno in Tunisia sono stati attaccati dagli estremisti 37 luoghi sacri venerati dalla tradizione islamica più tollerante. La luce splendente della costa che affascinò Paul Klee illumina la porta sfondata e le pareti annerite della tomba affacciata sulla corniche di un turismo chic ormai dissolto.
«C'è un piano per distruggere la memoria collettiva», ha affermato il ministro della Cultura quando una “fatwa” degli islamisti ha proibito di celebrare una festa popolare come il Mouled, il compleanno di Maometto.
Perché nella Tunisia laica voluta 60 anni fa dal secolarista Habib Bourghiba, una sorta di Ataturk del Maghreb, si è insinuato l'estremismo?
«Il guaio è che si è formato un vuoto nel campo religioso riempito da imam improvvisati o sedicenti tali; la colpa è anche del potere che per imporsi faceva un uso strumentale dell'Islam», spiega Hmida Ennaifer, teologo della Zitouna, la più antica università del Nordafrica, oggi stimato conferenziere in Vaticano che insieme a Rashid Gannouchi fu uno dei fondatori del movimento islamico. «Per 30 anni la Zitouna è stata chiusa o avuto un'attività ridotta, è stato quindi difficile formare una nuova generazione di teologi: la sfida adesso è quella di produrre una scienza religiosa capace di respingere i discorsi dogmatici dei salafiti”.
Finanziate dalle monarchie del Golfo proliferano le scuole coraniche e si sono moltiplicati i tour degli imam wahabiti, corrente dell'Islam puritano saudita. Uno di questi è il predicatore kuwaitiano Kamel Al Awadhi che viaggia in limousine come una pop star e a Zarzis si è fatto fotografare con bambine di quattro anni velate.
L'imam lo aspettavano nei giorni scorsi anche nel cuore di Tunisi, in Avenue Liberté, dove c'è El Fath, la moschea dei salafiti che rivendicano un'utopia regressiva, con il ritorno all'Islam degli antenati, gli immediati successori del Profeta. «Venite pure - dice un gruppetto di barbuti in jallaba - non siamo nemici di nessuno».
Ma in realtà si chiudono in un silenzio ostile. Choukri Belaid, dichiarano, «era un apostata e un infedele». Qui il 14 settembre è stato organizzato l'assalto all'ambasciata americana guidato da Abu Iyad, un ex di Al Qaida, ispiratore con Bin Laden dell'assassinio di Massud in Afghanistan, che le forze dell'ordine non hanno saputo o voluto arrestare. Dalla moschea è partito l'attacco alla sede del partito di Belaid e quello all'università Manouba per imporre il “niqab”, il velo nero che copre completamente il volto femminile.

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