Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 08 febbraio 2013 alle ore 06:40.

My24

Ennahda ha lasciato fare. «Anche noi venivamo chiamati estremisti», dice il leader Rashid Gannouchi, affiliato ai Fratelli Musulmani. Per lui i salafiti sono «compagni che sbagliano»: l'obiettivo è integrarli nella società. Ma il discorso di Gannouchi, in apparenza pragmatico, è assai ambiguo, sostiene il rettore della Facoltà di Lettere, dove i radicali innalzarono il drappo nero di Al Qaida bloccando per mesi l'ateneo.
«In Occidente c'è un grande equivoco», afferma il rettore Habib Kazdaghli, denunciato per un manrovescio, mai assestato secondo i testimoni, a una studentessa in niqab. «Ennahda viene paragonata a una sorta di democrazia cristiana in salsa islamica. Non è così. La sua politica divide il paese: da una parte i credenti, dall'altra i laici o i miscredenti. Crea un clima favorevole ai salafiti, inoltre in Tunisia sono rientrati gli adepti della “multinazionale dei jhadisti”: 11 tunisini erano nel commando di Al Qaida nell'assalto di In Amenas in Algeria, tutti i giorni qui c'è il funerale di un combattente in Siria».
Chiedo agli studenti se concordano con la versione del rettore, che afferma di rispettare le ragazze con il niqab ma nega, secondo il regolamento interno, che sia consentito indossarlo alle sessioni d'esame. Il sindacato studenti, interpellato, si chiude in conclave per elaborare una risposta. Meno diplomatica è Rajah, 21 anni, studentessa di lingue moderne: «I salafiti con la violenza hanno preteso che i professori maschi insegnassero solo agli uomini, poi hanno cercato di imporre il niqab alle ragazze. Ma il velo non è il solo problema: ancora peggio è che dopo la laurea ben pochi di noi troveranno un lavoro». Metà dei giovani sono disoccupati.
Ma il disagio profondo della primavera araba, qui dove è cominciata, lo coglie Sahaleddin Jourchi, giornalista, che fu un militante islamico e in questi anni è stato consulente dell'ex segretario di Stato Hillary Clinton: «L'estremismo approfitta dell'impoverimento culturale e materiale ma è la fragilità delle istituzioni l'elemento più grave: lo stato nazionale, ereditato dalla decolonizzazione, era legato al potere dei raìs e ora si rivela una coperta retorica che nascondeva i problemi del Paese. Lo si vede con sanguinosa evidenza in Egitto e in Siria». E ora possiamo aggiungere anche qui.
Eppure la Tunisia ha tentato in questi mesi di difendere il suo modello di convivenza tra laicismo e religione. Alla Zitouna - dove si è impossessato della chiave un imam che si è autoproclamato custode della moschea - studiò il grande pensatore Tahar Haddad che nel 1930 scrisse «La nostra donna nella sharia e nella società», il primo saggio sull'emancipazione femminile e l'abolizione della poligamia. Morto a 36 anni, Haddad fu sepolto nel cimitero di Tunisi dove i salafiti hanno distrutto la sua tomba: ma a furor di popolo è stata ricostruita e il suo fascino intellettuale viene ora paragonato a quello millenario di Ibn Khaldoun.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Shopping24

Dai nostri archivi