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Questo articolo è stato pubblicato il 09 febbraio 2013 alle ore 08:12.

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BRUXELLES. Dal nostro corrispondente
Anche questa volta le trattative che ogni sette anni segnano il rinnovo del bilancio comunitario sono state ritmate da lunghe maratone negoziali, drammatici scontri politici ed evidenti interessi nazionali. L'accordo raggiunto ieri dopo 26 ore di discussioni tra i leader dei 27 è per molti versi deludente rispetto alle necessità di un'Europa in gravissima crisi economica. Il Parlamento europeo che lo dovrà approvare ha già annunciato battaglia. Eppure, nelle pieghe dell'intesa si nascondono piccoli cambiamenti, se non ambiziosi, almeno significativi.
Il testo approvato all'unanimità dai Paesi membri è un po' come quei negativi fotografici che a seconda del lato rovesciano l'immagine. C'è chi può mettere l'accento sul fatto che per la prima volta il bilancio si riduce rispetto all'esercizio precedente, in linea con l'austerità prevalente a livello nazionale in tutta Europa. C'è chi può rivendicare che il settore dell'agricoltura rimane uno dei capitoli più importanti. C'è chi può far notare che rispetto al bilancio precedente la spesa nelle politiche per la competitività aumenta di quasi il 40 per cento.
D'altro canto, il bilancio 2014-2020 - come ha detto il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy - «non poteva ignorare le estremamente difficili realtà economiche dell'Unione» (così come le crescenti tensioni nazionali tra gli Stati membri). Doveva essere, ha aggiunto, «un bilancio più snello», e infatti prevede un taglio del 3,5% rispetto alle prospettive finanziarie del periodo 2007-2013. Van Rompuy ha poi affermato con una buona dose di realismo che il pacchetto «probabilmente non è perfetto per nessuno, ma offre qualcosa a tutti».
La parola d'ordine ieri tra i 27 capi di Stato e di Governo era di parlare di buon compromesso. Nel cercare l'accordo, Van Rompuy ha dovuto trovare un terreno d'intesa soprattutto tra Paesi ricchi (in realtà, sempre più poveri). C'è chi voleva ridurre il bilancio comunitario (la Gran Bretagna); chi tentava di diminuire il proprio contributo (la Germania); chi voleva a tutti i costi uno sconto (la Danimarca, che peraltro lo ha ottenuto); chi cercava soprattutto di difendere gli aiuti ai settori politicamente più premianti, come l'agricoltura e la coesione (la Francia, l'Italia, la Spagna o la Polonia).
I lunghi negoziati hanno stremato le delegazioni nazionali. Interrotte le trattative numerose volte, alcuni leader sono stati visti appisolarsi nella notte tra giovedì e venerdì sui divani del palazzo di Bruxelles dove ha sede la presidenza del Consiglio europeo, mentre i diplomatici e i tecnici affinavano il testo di un accordo complesso, in tutto 48 pagine che si tradurrà una volta approvato anche dal Parlamento europeo in un centinaio di testi legislativi. Nel suo tweet con il quale ha annunciato l'intesa a metà pomeriggio, Van Rompuy ha scritto "Deal done!", quasi un grido di liberazione.

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