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Questo articolo è stato pubblicato il 13 febbraio 2013 alle ore 12:37.

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Le poche parole spese da Joseph Ratzinger questa mattina per spiegare le sue dimissioni contengono un'indicazione molto precisa. E forte.
Affermare che ha deciso «in piena libertà» è una precisazione che indica (e conferma) come ci sia da parte di Benedetto XVI la consapevolezza che sulla sua decisione aleggino ipotesi inquietanti e gravi, se si rivelessero fondate.

Una su tutte la presenza del rapporto - sempre tenuto riservato - stilato dai tre cardinali incaricati un anno fa di indagare sulla fuga dei documenti. I tre porporati - in pensione, personalità di spicco e di stretta fiducia papale - sono Herranz, De Giorgi e Tomko: il loro lavoro è iniziato prima dell'arresto di Paolo Gabriele, ed è proseguito ben oltre la sentenza di condanna. Di questo c'è conferma nell'incontro che il Papa ha avuto con loro addirittura a dicembre. Cosa è contenuto nel rapporto?

I file sono rimasti segreti, e probabilmente il Papa non li ha condivisi neppure con gli altri cardinali della "prima linea" di comando della Curia. L'ipotesi accreditata è che il rapporto possa indicare le eventuali "connectioncs" che ci sarebbero state nei Sacri Palazzi sulla vicenda dei Vatileaks, sempre negate ma sulle quali il sospetto non è mai del tutto scomparso.

Con le dimissioni il Papa oltre che a realizzare un progetto che covava da tempo forse ha inteso anche "azzerare" tutta la struttura e aprire la strada ad un rapido rinnovamento della struttura centrale della Chiesa in un momento in cui i problemi si sono aggravati. Se il rapporto è davvero ricco di indicazioni sarà certo il primo dossier che si troverà sul tavolo il successore.

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