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Questo articolo è stato pubblicato il 14 febbraio 2013 alle ore 11:59.

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Roberto Formigoni, governatore uscente della Regione Lombardia. (LaPresse)Roberto Formigoni, governatore uscente della Regione Lombardia. (LaPresse)

Dopo l'accusa della Procura di Milano di essere stato l'organizzatore di un'associazione a delinquere, Roberto Formigoni, governatore uscente della Regione Lombardia, torna a difendersi sostenendo che «nessun dirigente ha mai subito pressioni» per la scrittura di delibere finalizzate a finanziarie le cliniche Maugeri e San Raffaele, e che nelle carte dei pm «non si trova alcun atto corruttivo». Infine ieri sera, ospite di La 7, ha chiarito che «non si dimetterà se rinviato a giudizio». Intanto dagli atti della Procura di Milano emerge la tesi dei pm coordinati da Francesco Greco.

Per quanto riguarda l'inchiesta sulla fondazione Maugeri - dove Formigoni risultava inizialmente indagato per corruzione relativamente ad una distrazione di fondi pubblici per circa 70 milioni - il governatore uscente sembrerebbe colui che «si adopera in violazione di legge e doveri di imparzialità nel perseguimento dell'interesse pubblico, con provvedimenti diretti ad erogare consistenti somme di denaro alla clinica».
Le supposte violazioni erano condivise con il segretario generale del Pirellone Nicola Maria Sanese (indagato) e con il dg della sanità Carlo Lucchina (indagato), quest'ultimo come responsabile dell'istruttoria e dell'elaborazione delle delibere.

Gli intermediari tra la Maugeri e la Regione Lombardia erano, per la procura, i lobbisti Antonio Simone e Pierangelo Daccò (già condannato a 10 anni per la vicenda del crack della clinica San Raffaele), che curavano i rapporti con il direttore della Maugeri Costantino Passerino, e «comunicavano a Formigoni, Sanese e Lucchina le richieste finanziarie della fondazione così da predisporre e adottare i provvedimenti amministrativi».
Il cerchio si chiude quindi, per i pm, con Alberto Perego, persona di fiducia di Formigoni e suo convivente nell'associazione religiosa dei memores domini: era lui a tenere i rapporti con Daccò anche nell'interesse di Formigoni, «prestandosi a sottoscrivere fittizi contratti di noleggio di imbarcazioni e a comparire acquirente di una villa in Sardegna al fine di occultare parte delle utilità procurate a sé e a Formigoni».

Inoltre avrebbe ricevuto «somme di denaro contante» per sé e Formigoni da parte di Daccò. Queste sei persone (indagate insieme ad altri dieci) rappresenterebbero il nucleo principale dell'associazione criminosa. Per la procura i loro incontri avvenivano, fra le varie sedi, anche negli uffici della rivista "Tempi" a Milano. Inoltre Maugeri e Passerino effettuavano su conti correnti di società estere e italiane riferibili a Simone e Daccò vari pagamenti, ritenuti dai pm "percentuali" per le operazioni con il Pirellone. Negli atti della procura sono indicate società straniere come la Mtm, Grant consulting, Chawlane, Sikri, Adspicio Agens, Fraca; o italiane come la Panacea, Itaca, Semec, Periplo.

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