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Questo articolo è stato pubblicato il 16 febbraio 2013 alle ore 12:19.

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Non c'è solo la Cina di Foxconn, dove le condizioni dei lavoratori che producono buona parte della componentistica per la Apple sono molto lontane dagli standard occidentali. C'è anche la civile ed evoluta Germania, fulcro e motore dell'Europa unita, dove i dipendenti di un'altra multinazionale vivono in situazioni analoghe a quelle dei colleghi cinesi che producono iPhone.

Ci troviamo a Bad-Hersfeld, nell'Assia, stato centro-occidentale della Germania. E' qui, su una collina, che sorge un immenso capannone grigo. E' uno dei centri operativi di Amazon. Il colosso del commercio on line che in Germania riesce a fatturare circa 9 miliardi di dollari l'anno. Ed è riuscito a fare suo il 20% dell'intero commercio virtuale. Numeri da leader. Ma da qualche ora sono le condizioni in cui vivono i dipendenti a far discutere l'intero Paese.

Tutto è iniziato con un reportage trasmesso dalla Ard, la prima rete pubblica tedesca. Un servizio sconvolgente (ancora raggiungibile on line) che ha messo a nudo le condizioni di vita di chi lavora nel centro Amazon di Bad-Hersfeld. Un posto dove nel periodo natalizio l'organico viene irrobustito fino a cinquemila dipendenti.

L'illusione contrattuale
Lavoratori attratti dall'illusione di un posto sicuro, che arrivano da mezza Europa. Soprattutto dalla Spagna, dove la disoccupazione è dilagante. Poi, però, vengono veicolati attraverso un'agenzia interinale molto discussa, che impone condizioni nettamente diverse dalle attese. Come raccontato nel reportage trasmesso dalla Ard, i contratti che vengono fatti sottoscrivere «non riconoscono il versamento di contributi sociali e, soprattutto, prevedono una decurtazione del salario del 12% rispetto a quanto promesso in origine. In quasi tutti i casi i lavoratori, ancora a digiuno di tedesco, non capiscono neppure quel che firmano, visto tutte le carte sono compilate in lingua locale». I diritti rimangono un sogno.

In sei in una stanza
E non c'è solo il lato contrattuale a far discutere. I dipendenti che lavorano a Bad-Hersfeld si trovano a dormire in miniappartamenti, assiepati come bestie. Anche sei in una stanzetta. C'è un servizio di vigilanza full time che non gli lascia respiro. Li trasportano al lavoro stipati in autobus zeppi, mentre il sole è ancora basso. «Prima dell'inizio dei turni e alla fine – raccontano nel reportage televisivo - i lavoratori sono costretti ad attendere per ore l'arrivo degli autobus sovraffollati per raggiungere il centro di Amazon o gli alloggi cui sono stati destinati». E in azienda il cibo è sconfortante: scorte stipate in cantina. Scatolame.

I legami con l'estrema destra
Ad occuparsi di questi lavoratori c'è un'agenzia interinale molto discussa. Il sospetto di una vicinanza al mondo dell'estrema destra e ai nuclei neonazisti è pesante. Basta guardare l'abbigliamento di alcuni addetti alla security. Lo raccontano i due giornalisti tedeschi, Diana Löbl e Peter Onneken, che hanno realizzato il reportage: «Alcuni dipendenti dell'agenzia indossavano pullover Thor Steinar, una marca proibita in molti stadi di calcio, università e parlamento, perché in passato è stata un simbolo dell'estetica neo-nazista». Come se non bastasse una delle società a cui è affidata la sicurezza nello stabilimento veste i propri dipendenti con casacche con scritto sopra H.e.s.s. come Hensel European Security Services, ma anche come Rudolf Hess, vice di Hiteler ai tempi della Germania nazista.
Nel Paese da due giorni non si parla d'altro. I quotidiani più prestigiosi hanno aperto la discussione. Ci si interroga sui motivi. Le storie dei lavoratori stagionali cinesi non sembrano più così lontane. Cosa succede al Vecchio continente?

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