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Questo articolo è stato pubblicato il 18 febbraio 2013 alle ore 14:57.

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Tutto si tiene: il rilancio della Grande coalizione, così come l'ennesimo invito per il confronto televisivo rivolto a Berlusconi e Bersani. Mario Monti punta dritto sugli indecisi, su quei moderati che, come ha sostenuto il premier uscente, «non si ritrovano più nei rispettivi poli» ma ancora non hanno deciso il «che fare». Il ragionamento del Professore parte dal presupposto che per riformare il Paese serve una condivisione, una larga maggioranza. Ricorda di esserne da sempre un fautore («da quando scrivo sui giornali») e l'esperimento di quest'anno di governo a suo parere lo conferma. Insomma, Monti torna a proporsi come «calamita» dei moderati equidistante da entrambi gli schieramenti.

Il cambio di passo del premier uscente
Il Professore punta a diventare decisivo per la governabilità. Ma se fino a ieri il messaggio, neppure tanto subliminale, era di offrire la disponibilità a una alleanza con il centrosinistra senza Vendola, ora assistiamo a un ulteriore cambio di passo. Così dopo aver chiarito di non escludere affatto per il suo partito di occupare le fila dell'opposizione, oggi passa a ipotizzare la grande coalizione come unica possibilità per consentire la reazlizzazione delle grandi riforme indispensabili per il rilancio del Paese.

La Grande coalizione contro Bersani e Berlusconi
Uno schema che Berlusconi ha negato fin dall'inizio, o meglio da quando ha deciso di riscendere in campo, visto che, fino a qualche settimana prima, non vedeva male un Monti federatore dei moderati. Ma contro la Grande coalizione o qualunque collaborazione con quella che definisce «la destra» è schierato anche Bersani. Il leader del Pd e candidato premier del centrosinistra ritiene inaccettabile che Monti chieda una conventio ad excludendum nei confronti del suo principale alleato, ovvero Nichi Vendola. Bersani in questo momento non ha alcuna intenzione di mostrarsi aperto all'abbraccio moderato con il rischio di vedersi sfuggire un'altra quota di elettori verso Ingroia o Grillo.

La sfida in tv per mettere in difficoltà il Cavaliere
Ma a Monti non interessa che cosa rispondono i leader di quelli che un tempo chiamavamo Poli. Lo conferma anche quando torna a sfidare il Cavaliere e il segretario del Pd al confronto televisivo nonostante sappia che non gli daranno mai una risposta positiva. Il premier il suo messaggio l'ha indirizzato agli elettori incerti, che sono soprattutto ex elettori del Pdl, quelli che Berlusconi non è riuscito a (ri)convincere. Di questi la parte più arrabbiata ha già trovato ospitalità da Grillo. Ma c'è un'altra parte, meno populista e più conservatrice, che ancora non si è riaccasata. Il Cavaliere sta tentando di riportarla a se un po' con le promesse, un po' evocando antiche paure. Monti invece punta a presentarsi come unico fattore di stabilità, un elemento che da sempre è tenuto in gran conto dai moderati.

Il rischio «credibilità»
Tutto sta a capire se viene giudicato credibile, se nell'immagiario degli elettori il professore e i suoi alleati hanno la forza per imporre la loro proposta di governabilità. Per questo Berlusconi continua a ripetere che «il centrino di Monti non raggiungerà neppure il 10% e resterà quindi fuori del Parlamento». Il Cavaliere deve depotenziarlo e deve farlo ora. L'appello che Monti oggi ha rivolto agli elettori, potrebbe convincere domani gli eletti del centrodestra a dar vita a quel progetto di riunificazione dei moderati che il ritorno di Berlusconi ha fatto arenare sul nascere. Questo teme il Cavaliere e forse anche Bersani, che se non avrà la forza per imporsi con un governo forte e autorevole rischia di trasformare l'eventuale successo elettorale nell'ennesima vittoria di Pirro.

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