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Questo articolo è stato pubblicato il 18 febbraio 2013 alle ore 15:45.

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Sergej MagnitskijSergej Magnitskij

Un uomo, deceduto da tre anni, sul banco degli imputati: non si ricorda che una cosa del genere sia mai avvenuta né in Unione Sovietica né in Russia, dove la legge prevede la possibilità di processare un morto, ma per riabilitarlo, in genere su richiesta della famiglia. Il caso di Serghej Magnitskij è molto diverso: avvocato di 37 anni, morì nel novembre 2009, da un anno in attesa di un processo che lo avrebbe giudicato per frode ed evasione fiscale.

Nel terribile carcere moscovita "Matrosskaja Tishina", il Silenzio del marinaio, Magnitskij ammalato si vide rifiutare le cure, ma si sospetta che la fine sia venuta perché lo picchiarono a morte: una vendetta per la vera ragione del suo arresto, l'accusa di Magnitskij contro alti funzionari di polizia di aver sottratto alle casse dello Stato 230 milioni di dollari. La più colossale frode fiscale per la Russia.

La vicenda giudiziaria di Serghej Magnitskij non ha trovato pace con la morte, al contrario: intrecciandosi con il destino di Hermitage Capital Management, un tempo il più attivo fondo di investimenti straniero in Russia, il caso Magnitskij ha acceso uno scontro diplomatico tra Mosca e Washington, e ora riappare in tribunale per quello che Hermitage Capital ha definito un processo "blasfemo", motivato da ragioni politiche.

L'udienza preliminare, a porte chiuse, è subito stata rinviata al 4 marzo: la famiglia si è rifiutata di nominare un difensore. «"L'unico luogo in cui è possibile recapitare un avviso legale a Serghej è la sua tomba - ha detto un rappresentante del fondo di investimento - e una conferma scritta dovrebbe essere ottenuta dal suo cadavere. Per le persone responsabili di tutto questo c'è un posto speciale all'inferno».

«La riapertura del processo a carico di mio figlio, senza il consenso mio e di altri familiari, va contro i principi della Corte costituzionale russa», ha denunciato la madre di Serghej, Natalja, mentre il portavoce di Hermitage Capital rievocava le purghe staliniane del 1937, i processi in cui le vittime «venivano obbligate a firmare di aver letto le accuse prima di essere giustiziati».

Accanto a Magnitskij è sotto processo - in contumacia - William Browder, cittadino britannico, cofondatore di Hermitage Capital. Era stata la sua crociata contro la corruzione nelle grandi imprese di Stato russe a mettere il fondo nel mirino delle autorità giudiziarie, che rivoltarono su Browder e Magnitskij - unico collaboratore russo a non voler abbandonare il Paese - l'accusa di frode. Dopo la morte di Magnitskij la battaglia di Browder si è rivolta contro i 60 funzionari russi ritenuti responsabili della sua morte, accusati di abuso di diritti umani: sono loro l'obiettivo del Magnitskij Act approvato dal Congresso americano, che ha congelato i loro beni negli Usa e negato loro i visti d'ingresso.

Una legge a cui il Cremlino ha risposto vietando le adozioni di orfani russi da parte di famiglie americane. E ora che Browder lotta per far approvare leggi simili anche in Europa, il Cremlino contrattacca riaprendo il processo: la condanna di Magnitskij sembra inevitabile. «Così potranno andare in giro per il mondo a dire "avete una legge con il nome di un criminale condannato"», attacca Browder. Riposare in pace, a Serghej Magnitskij è negato anche questo.

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