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Questo articolo è stato pubblicato il 24 febbraio 2013 alle ore 08:19.
Tra i paradisi offshore, Cipro è da tempo nota come una delle destinazioni predilette dai russi, non solo per le vacanze ma anche per dare una sede alle "odnodnevki" e ai loro soldi da ripulire, ai business degli oligarchi e al denaro parcheggiato qui dalle grandi imprese di Stato in fuga dal fisco. Se poi da Cipro i capitali tornano in parte in Russia - l'isola è il primo Paese per investimenti stranieri diretti - secondo i calcoli di Bank Rossii è a Cipro che si dirige il 30% degli investimenti russi all'estero. Avanti e indietro, secondo la convenienza.
Chi ci perde è l'economia russa, assetata di investimenti mentre - complice la crisi globale - rallenta più velocemente del previsto, un Pil che in gennaio si è limitato a crescere dell'1,6% quando nel 2012 il ritmo era stato del 3,4 per cento.
Se la cerchia degli oligarchi di Putin non è estranea alla «rete ben organizzata di società interconnesse» di cui parla Ignatjev, il presidente russo si vuol mostrare impegnato seriamente nella guerra alla corruzione, e in questi giorni ha inviato all'esame della Duma un progetto di legge - approvato venerdì scorso - che ha l'ambizioso obiettivo di riportare a casa ben mille miliardi di dollari di denaro nascosto all'estero da alti funzionari e corporation, prendendo di mira conti bancari e investimenti. La legge darà a deputati e funzionari pubblici - manager delle compagnie di Stato, giudici e pubblici ministeri, amministratori federali e regionali - tre mesi di tempo per decidere se chiudere i conti all'estero e vendere i propri titoli, oppure rinunciare all'incarico pubblico. Mossa populista e cosmetica, sostiene l'opposizione, scettica sulle possibilità di trasformare quella che Global Financial Integrity - gruppo che studia i flussi finanziari - ha definito «l'economia più opaca che abbiamo mai analizzato». Che si riveli solo un'operazione di immagine o no, Putin ha ordinato una "de-offshorizzazione" dell'economia e ha chiarito che tenere i soldi in Russia adesso è un dovere da patrioti. Anche per quello che per la gente, ormai, è "il partito dei ladri e degli imbroglioni".
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ECONOMIA OMBRA
Un governatore indipendente
Serghej Ignatjev, 65 anni, lascerà a giugno dopo 11 anni la guida della Banca centrale russa, divenuta con lui una delle istituzioni russe più rispettate per integrità. Se alla vigilia della pensione il governatore ha deciso di attaccare il «gruppo ben organizzato di individui» dietro la fuga di capitali dall'economia russa, in questi ultimi mesi a Bank Rossii Ignatjev si è piuttosto scontrato con Vladimir Putin sull'opportunità di intervenire sui tassi di interesse. E finora ha resistito alle pressioni del Cremlino, allentare la politica monetaria per ridare slancio a un'economia che rallenta. Ignatjev - caso più unico che raro in Russia - ha declinato l'invito sostenendo che i tassi di interesse potranno essere abbassati solo in vista di un calo dell'inflazione, ora al 6,6%. La risposta di Putin verrà quando a marzo il presidente sceglierà il successore di Ignatjev: un falco o una colomba