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Questo articolo è stato pubblicato il 25 febbraio 2013 alle ore 08:49.

NEW-YORK - A una settimana dall'ora X, dalla scadenza per l'applicazione del "sequester", i tagli automatici di spesa per 85 miliardi di dollari nel 2013, Barack Obama ha lanciato ieri una sfida politica ai repubblicani: o risolvete il problema accogliendo aumenti delle entrate o vi dovrete prendere davanti al Paese la responsabiltà del disastro economico che ci attende.

Il braccio di ferro politico a Washington è dunque entrato nella sua fase più calda, Obama gioca al rialzo e i repubblicani si trovano sulla difensiva, in difficoltà: se si piegano davanti a Obama che chiede nuovi aumenti delle tasse rischieranno di perdere le elezioni di metà mandato. Se tengono duro rischieranno di restare col cerino in mano davanti agli americani, responsabili di un possibile disastro economico e sociale per colpa della loro ostinazione. Il copione lo conoscono bene, per questo sono in difficolta: in circostanze diverse Newt Gingrich si trovò con un dilemma simile durante l'amministrazione Clinton. E perse la partita.

Anche in quest'occasione le incertezze attorno alle conseguenze del sequester non sono cosa da poco: se non si raggiungerà un accordo entro i prossimi giorni il rischio di vedere l'economia americana in recessione e la borsa in correzione è molto reale. Operatori finanziari interpellati dal Sole 24 Ore sono oggi decisamente più nervosi di quanto non fossero non più tardi della settimana scorsa. Anche perché se la crisi non sarà risolta ci saranno perdite di centinaia di migliaia di posti di lavoro, cadute di servizi sociali, caos negli aeroporti e tagli alle spese per la sicurezza del Paese.

Obama, che sta dimostrando grandi doti politiche in questo avvio di seconda mandato, ha lanciato la sua sfida con un gesto plateale. Lo ha fatto durante la riunione annuale dei governatori americani alla Casa Bianca di ieri presentando un dettagliato resoconto dei danni in arrivo per ciascuno dei 50 stati americani se il "sequester" non sarà evitato. E ha messo così ogni governatore, soprattutto quelli repubblicani, davanti a una responsabilità molto chiara: in Virginia i tagli al Pentagono porteranno una perdita di 200mila posti di lavoro; In Ohio saranno tagliati 25,1 MM$ per l'educazione primarie e secondaria, 350 insegnanti perderanno il lavoro; in Georgia tagli per 280.000 dollari, mancheranno i vaccini per 4.189 bambini (pertosse, tetano, varicella morbillo etc.); in Pennsylvania ci saranno 271.000 dollari in meno per gli aiuti alle vittime di violenza domestica, 1.000 persone saranno colpite; In Texas tagli al Pentagono per 274 MM$ faranno perdere il lavoro a 52.000 civili. Cinque esempi locali dell'impatto negativo su educazione, sanità difesa, sicurezza interna in arrivo con il "sequester". Una serie di riduzioni di spesa che messe tutte insieme potrebbero portare a una contrazione del Pil dell'1,5-2%.

La proposta di Obama di ieri è duplice, quella più articolata prevede aumenti delle entrate dello Stato da raggiungere attraverso l'eliminazione di molte agevolazioni fiscali sia per i redditi più elevati sul piano privato che per il settore Oil and Gas dal punto di vista corporate. Ma Obama ha anche proposto ieri un precorso intermedio: approviamo entro mercoledì un congelamento del sequester per continuare la discussione nei prossimi mesi se non ci sarà accordo.

Ma i repubblicani resistono, il governatore del Nebraska, Dan Heinemann, ad esempio, ha detto che la Casa Bianca è impegnata «in una tattica della paura... ma non faremo intimidire… tagli del 2 o 3% della spesa saranno molto salutari».

La sfida è dunque aperta. E dobbiamo aspettarci che i toni apocalittici peggiorino prima di migliorare, come succede nelle brutte tradizioni di Washington, quando tutto viene ridotto all'ultimo giorno dell'ultima ora, dell'ultimo minuto prima di una delle deflagrazioni più annunciate negli ultimi anni.

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