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Questo articolo è stato pubblicato il 03 marzo 2013 alle ore 09:32.

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Era il mese di giugno dello scorso anno, quando quasi un migliaio di persone, Sindaco e Vescovo compresi, sfilarono lungo le strade di Pavia per la prima manifestazione "no slot", promossa da Simone Feder, psicologo e animatore sociale alla comunità di recupero Casa del Giovane, oltre ad una serie di associazioni locali, tra cui Libera.

La città di Pavia oltre alla splendida Certosa, ha un primato triste: quello di capitale italiana del gioco d'azzardo. In città c'è una slot machine ogni 136 abitanti. E in media per giocarci, ogni abitante, e l'anagrafe del comune ne conta 548, spende tremila euro l'anno. Recentemente Pietro Pace e Mauro Vanetti, due sviluppatori dell'Università, hanno realizzato il sito "senzaslot", connettendosi si può trovare il locale più vicino a casa, senza le macchinette mangiasoldi.

La motivazione di questo progetto la spiegano così. «In un periodo di crisi come questo, a mangiare i soldi ci sono già le banche e i governi. A cascare nella trappola delle macchinette è quasi sempre la 'povera gente', sono gli indifesi ed i più deboli. Questo sito certamente non risolverà il problema ma forse riuscirà ad essere un deterrente per i gestori dei bar e soprattutto un incoraggiamento per chi resiste. Il nostro non è un giudizio morale sul gioco, è un giudizio sociale e politico sul meccanismo delle macchinette mangiasoldi. Non condanniamo e non giudichiamo le vittime della dipendenza, ma i padroni delle macchinette che si arricchiscono sulla miseria e sul degrado psicologico che creano».

Un'altra iniziativa recente è stata proposta dal Comune, si tratta di una Carta Etica - la prima in Italia, tengono a precisare - che verrà rilasciata ai locali privi di slot: quindi locali che diventeranno "amici delle famiglie". L'ha presentata il sindaco Alessandro Cattaneo, vice presidente vicario dell'Anci, insieme all'assessore Faldini, a Feder e Diego Turcinovich della comunità Casa del Giovane. Obiettivo del progetto è sempre quello: sensibilizzare ulteriormente i cittadini, e i titolari di esercizi pubblici, sul problema del gioco d'azzardo, dell'alcol e delle dipendenze. E poi la proposta agli esercenti pavesi che adotteranno le 9 regole della "Carta Etica" del rilascio di un marchio da esporre all'esterno dell'esercizio, che automaticamente li farà diventare locali ‘amici delle famiglie' con particolare attenzione all'educazione.

La carta Etica, impone al titolare del locale l'adozione di nove regole molto rigide, oltre alla diffusione e promozione di brochure e materiale di sensibilizzazione su tematiche come il gioco d'azzardo, droghe, alcool, dispersione scolastica. Sono già una cinquantina gli esercenti pavesi che hanno aderito alla "Carta Etica" ed esporranno il marchio di qualità a garanzia del consumatore. Insomma, c'è desiderio di fare sul serio, di mettere in movimento un'azione concreta per liberare dalla schiavitù un sempre maggior numero di persone, soprattutto giovani.

Certamente la mappa dei bar, pavesi, lombardi, italiani, dove le macchinette non ci sono è un grande aiuto. E' importante dicono i due informatici che hanno creato il sito web: «dare voce a chi ha deciso di non mettere le slot nei bar. Semplicemente, visto che il target di queste macchinette è la povera gente, noi vogliamo schierarci dalla parte loro". Mentre lo psicologo Feder chiede al nuovo consiglio regionale lombardo che sia data la possibilità ai sindaci di porre un freno alla piaga del gioco d'azzardo. «E' un problema etico morale e culturale, poi diventa sanitario. E riguarda tutti, perché schiavizza le famiglie. Ora sta drammaticamente crescendo il gioco d'azzardo on line. Lo scorso anno sono stati spesi 15 miliardi, quest'anno saranno almeno 18″. A nome di Libera Pavia interviene Giorgio Tiraboschi «Non basta indignarsi per il gioco d'azzardo. Pavia ha il primato della spesa e in questa provincia operava il clan Valle, che attraverso il ricatto, obbligava gli usurati ad aprire bar e installare slot machine che rendevano 30mila euro al giorno. Non basta essere indignati»".

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