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Questo articolo è stato pubblicato il 04 marzo 2013 alle ore 12:53.

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«L'articolo 67 della Costituzione consente la libertà più assoluta ai parlamentari che possono fare, usando un eufemismo, il c.... che gli pare». Preoccupato della possibile opera di «scouting» nei confronti dei suoi neoeletti e inesperti parlamentari, Beppe Grillo ha puntato il dito – nel suo solito modo spiccio – contro la nostra Costituzione che non prevede il vincolo di mandato (così recita l'articolo incriminato dal leader del M5S: «Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato»). La prima domanda è: in quali Paesi è previsto il vincolo di mandato? È il costituzionalista Francesco Clementi ad accompagnarci nella galassia delle varie carte fondamentali. E alla fine del percorso la risposta è: il vincolo di mandato è previsto solo in Portogallo, a Panama, in Bangladesh e in India.

La prima fattispecie è quella prevista dalla Costituzione portoghese del '76: il parlamentare decade dal mandato semplicemente se si dimette dal gruppo parlamentare del suo partito e contemporaneamente si iscrive al gruppo parlamentare di un altro partito. La seconda fattispecie, sia pure con sfumature diverse, è prevista dalle Costituzioni dei due Paesi asiatici e del Paese sudamericano: il parlamentare perde il seggio se si dimette dal gruppo parlamentare del suo partito e in più vota in maniera difforme dalla indicazioni del suo gruppo parlamentare di origine.

Portogallo, Panama, Bangladesh e India non costituiscono – e non a caso – una casistica così ampia. A meno che non si vogliano inserire nella casistica anche le vecchie Costituzioni dell'Urss e dei Paesi comunisti dell'Est, dove il vincolo di mandato era la logica conseguenza del partito comunista unico. Il problema è con tutta evidenza politico e non costituzionale, come spiega anche l'ex presidente della Corte costituzionale Cesare Mirabelli: «L'articolo 67 della Costituzione non è una copertura al trasformismo politico. La Carta consente ad ogni parlamentare di ragionare con la propria testa, sempre in nome dell'interesse della collettività. Non vedo come non possa essere lasciata al parlamentare la libertà di scelta personale. Pensiamo agli argomenti etici o alle decisioni sugli eventi bellici. I comportamenti trasformisti non sono legittimati dalla Costituzione, però devono essere le forze politiche a sanzionarli o in ultima analisi gli elettori».

«Noi italiani, vittime del tranfughismo politico da una vita, è chiaro che capiamo il senso delle provocazione di Grillo – nota Clementi –. La nostra democrazia ha il problema della mancata coesione dei gruppi parlamentari in ragione di un sistema partitico e politico sempre in movimento. E in ragione del continuo mutamento dei sistemi elettorali che hanno via via fatto perdere il principio della territorialità e del rapporto eletto-elettore. Le liste bloccate del Porcellum sono l'estremizzazione di questo problema». Ma, appunto, il problema non è costituzionale ma politico. «Quello che manca – spiega ancora Clementi – è una legge sui partiti che dia attuazione all'articolo 49 della Costituzione. In questo ambito si possono prevedere sanzioni per i cambi di casacca, ad esempio una penalizzazione sul fronte dei finanziamenti pubblici».

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