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Questo articolo è stato pubblicato il 04 marzo 2013 alle ore 22:50.
L'ultima modifica è del 04 marzo 2013 alle ore 15:47.

Come già emerso durante il vertice di maggioranza del pomeriggio, in serata la giunta regionale, riunita dal presidente Rosario Crocetta, ha approvato il disegno di legge che abolisce le nove Province regionali (in accordo con il Movimento 5 Stelle), sostituendole con liberi consorzi tra comuni, come prevede lo statuto speciale (con elezioni di secondo livello). Ai consorzi sarebbero intestate competenze in tema di rifiuti ed edilizia sociale, per esempio, sopprimendo numerosi enti, dagli Ato agli Iacp. Parte dei risparmi sarebbe utilizzata per finanziare il reddito minimo di solidarietà, per una spesa di circa 130 milioni di euro, 12 milioni derivanti dal taglio del costo delle indennità per presidenti, assessori e consiglieri. Il ddl sarà trasmesso domani alla commissione Affari istituzionali dell'Ars. Il governo ha deciso inoltre l'emissione dei cosiddetti Trinacria bond per coprire almeno una parte del debito che ha con le imprese, che nei confronti della pubblica amministrazione vantano 6 miliardi di crediti, 2 miliardi con la Regione (compreso il sistema sanitario).(Redazione online)
di Nino Amadore
Il voto è già state fissato per il 26 e 27 maggio. Da eleggere la gran parte dei quasi 350 tra consiglieri e presidenti della 9 province regionali siciliane. Perché regionali, si dirà? Perché anche in questo caso la Sicilia, rispetto al resto d'Italia, fa storia a sé: le Province non sono previste dallo Statuto della Regione siciliana (che è legge costituzionale) che all'articolo 15 prevede non solo la soppressione delle circoscrizioni provinciali ma riconosce il valore fondamentale dei comuni e dà forza e potere ai consorzi comunali.
Anche in questo caso lo Statuto siciliano aveva anticipato i tempi ma l'Assemblea regionale siciliana (il Parlamento come viene definito con orgoglio da queste parti) è riuscito a ripristinare con legge ordinaria ciò che una norma costituzionale aveva abolito. Come? Aggirando la norma costituzionale con la legge regionale 9/86 su cui più non sono mancati infatti i rilievi e i ricorsi per la sua possibile inconstituzionalità. Un dettato normativo che ha consentito il mantenimento di quella che viene ritenuta un'altra casta politica fatta di consiglieri, presidenti e assessori e che, secondo gli ultimi conti, costa almeno 23 milioni l'anno ma che raggiunge i 700 milioni l'anno se si considerano anche altri costi (ma non gli stipendi dei dipendenti, per esempio).
Enti che il movimento Cinque stelle, che all'Ars conta 15 deputati e che finora ha garantito l'approvazione di norme care al governatore Rosario Crocetta, vuole abolire per far rinascere i consorzi di comuni, ovvero ciò che era previsto nello Statuto approvato con regio decreto nel 1946 poi convertito con la legge costituzionale 26 febbraio 1948.
La polemica politica intanto è esplosa anche per le dichiarazioni del presidente della Regione che si dice a favore dell'abolizione. Ci sono, è la tesi del presidente della Provincia (regionale) di Palermo Giovanni Avanti «molte idee ma confuse, anche perchè vorrei ricordare a Crocetta che i liberi consorzi dei comuni ai quali lui fa riferimento già esistono e non sono altro che le attuali Province regionali così come definite dalla legge 9 del 1986 e alle quali i comuni siciliani hanno aderito con delibera dei rispettivi consigli comunali».
E mentre il presidente della Regione annuncia l'approvazione di un disegno di legge governativo (la giunta si riunirà questa sera) il dato certo è che l'Assemblea regionale tornerà a occuparsene domani come ha certificato con un comunicato stampa l'altro giorno il presidente della I Commissione (Affari istituzionali) dell'Ars Marco Forzese: «È stato utile un rinvio tecnico a martedì dell'esame del ddl sulla riforma delle province perché dalla commissione dovrà uscire un testo perlomeno votato a maggioranza. Ho potuto verificare posizioni molto distanti che vanno dalla soppressione degli Enti al rinvio del voto. Martedì riunirò la commissione, rimanendo dell'avviso che il rinvio di un anno del voto nelle province regionali, peraltro concordato con il presidente Crocetta, sia la soluzione più idonea assieme al commissariamento tout court delle stesse».
Nelle ultime ore oltre alla convergenza di Crocetta sulle posizioni dei grillini siciliani che ha spiazzato i suoi alleati dell'Udc c'è anche quella di qualche esponente del Pd mentre dal fronte del Pdl arriva la richiesta di votare a maggio e di fermare «il colpo di spugna» sulle province.
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