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Questo articolo è stato pubblicato il 06 marzo 2013 alle ore 16:12.

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Inchieste ad alto potenziale esplosivo. Tra Roma e Napoli si gioca una partita giudiziaria che travolge la politica: l'accusa è di corruzione per aver ribaltato o garantito la maggioranza di governo. Un fatto enorme, se fosse confermato, di gravissima delegittimazione dell'attività parlamentare. Il primo caso riguarda la caduta del governo Prodi, il secondo la maggioranza fragile e incerta dell'ultimo esecutivo Berlusconi. Le vicende sono esplose ma la stretta finale ancora non c'è. Girano carte, l'attività d'indagine controlla e verifica dichiarazioni, atti e ogni altro elemento. I rapporti tra la procura romana e quella di Napoli sembrano buoni. Il Pd urla al complotto giudiziario e scenderà in piazza a Roma il 23 marzo. Gli sviluppi del lavoro dei pm, però, non si faranno attendere, ci sono momenti in cui l'attività inquirente deve agire in fretta per concretizzarsi. Ecco dove sono giunte, al momento, le inchieste di Roma e di Napoli.

Gli ex Idv
Domenico Scilipoti e Antonio Razzi uscirono da Italia dei Valori per un tornaconto personale, ipotizzano i pm di Roma. I due, al momento, non sono stati iscritti nel registro degli indagati. L'inchiesta è stata avviata dopo un ampio esposto del presidente di Idv, Antonio Di Pietro: secondo l'ex pm, Scilipoti e Razzi avrebbero percepito una tangente affinché a dicembre del 2010 abbandonassero la linea dipietrista per non votare la sfiducia al governo Berlusconi. L'ipotesi, per ora tutta da verificare, è che il denaro sia partito da un esponente del Popolo della Libertà. Sia Scilipoti sia Razzi, comunque - che proclamano la loro estraneità alle accuse - saranno ascoltati dal procuratore aggiunto Francesco Caporale. Soltanto dopo, eventualmente, potrebbero finire nel registro degli indagati assieme al presunto corruttore. All'attenzione di Caporale, poi, è finita un'altra vicenda: il presunto tentativo di far cadere nel 2007 il governo Prodi. Anche questa volta la denuncia è stata presentata da Di Pietro dopo che nei giorni scorsi il senatore Sergio De Gregorio - che sta collaborando con i pm di Napoli nell'inchiesta sulla presunta compravendita di senatori - ha rivelato che tra i parlamentari da portare nel 2007 da Idv al Pdl c'era anche il senatore Giuseppe Caforio. Caforio ha smentito e, invece, ha affermato di aver registrato una conversazione con De Gregorio, in cui quest'ultimo offriva fino a 5 milioni di euro per convincerlo a lasciare il partito di Di Pietro ed entrare nel Pdl, così da sfiduciare Prodi. Ieri Di Pietro è giunto in procura a Roma e ha discusso a lungo con l'aggiunto Caporale. Sembra, infatti, che il nastro non si trovi, anche se nei prossimi giorni potrebbe essere recuperato. Tuttavia ci sarebbe un altro parlamentare a conoscenza dei fatti: Nello Formisano, ex di Idv: sarà presto chiamato dalla Procura per fornire la sua versione, così come Caforio. Il nome di Berlusconi, che sarebbe stato beneficiato dai presunti atti di corruzione, non compare nelle carte giudiziarie romane. Per ora.

Berlusconi a Napoli
Il Cav è oggi sotto inchiesta, nel capoluogo campano, per corruzione e finanziamento illecito ai partiti per una presunta mazzetta da tre milioni di euro, di cui due in nero, pagata a De Gregorio per sabotare il Governo Prodi e accelerare il ritorno alle urne nel 2008. Con lui sono indagati il presunto corrotto, De Gregorio, appunto, e l'uomo che avrebbe fatto da trait d'union tra il parlamentare e Palazzo Grazioli. Un'accusa, quella della compravendita dei parlamentari, che i pm partenopei avevano già battuto nel 2008, indagando sia Berlusconi che De Gregorio, salvo poi trasferire il fascicolo a Roma per competenza territoriale. Le carte poi sono rimbalzate di nuovo a Napoli e approfondite alla luce delle dichiarazioni accusatorie rilasciate proprio da De Gregorio. Paradossalmente, Napoli è la procura che, più che inseguire i reati che Berlusconi avrebbe commesso, si è occupata prevalentemente dei reati compiuti ai suoi danni. Nel capoluogo campano sono nate e si sono sviluppate, infatti, le tre inchieste che lo vedono vittima di estorsioni (reali o presunte) commesse da Gianpi Tarantini in un episodio e da Valter Lavitola, in altre due circostanze. Proprio a inizio settimana, peraltro, l'ex direttore dell'Avanti è stato condannato a due anni e otto mesi per aver tentato di taglieggiare il Cav chiedendogli cinque milioni di euro in cambio del suo silenzio sulla vicenda escort. E, sempre a Napoli, c'è il fascicolo d'inchiesta denominato P3-bis, in cui Berlusconi risulterebbe vittima di una manovra a tenaglia promossa ai suoi danni dall'ex assessore regionale Ernesto Sica e dall'ex coordinatore regionale del Pdl, Nicola Cosentino, entrambi a conoscenza – guarda caso – proprio di alcuni dettagli sull'Operazione Libertà lanciata dall'allora capo dell'opposizione per far cadere Prodi.

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