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Questo articolo è stato pubblicato il 07 marzo 2013 alle ore 06:38.
Domani, l'addio. A Caracas, per i funerali di Hugo Chavez, sbarcheranno tutti i presidenti latinoamericani e gran parte dei leader mondiali.
Il Venezuela andrà al voto entro 30 giorni. Nel frattempo il vicepresidente Nicolas Maduro assumerà la presidenza ad interim. Le Forze armate «bolivariane» sono state dispiegate in tutto il Paese per far rispettare la Costituzione.
Le polemiche non si sono placate neppure nei giorni del lutto e la teoria del complotto, del cancro inoculato a Chavez dai "nemici" nordamericani, è stata rilanciata e rafforzata dai siti e blogger filochavisti. Costringendo il Dipartimento di Stato americano a bollare come «assurde» le accuse mosse da Caracas. Mentre il presidente Barack Obama ha dichiarato che «si apre una nuova era» e ribadito il sostegno al popolo venezuelano, l'interesse a sviluppare un rapporto costruttivo con il Governo del Venezuela. E poi ancora: «Gli Stati Uniti mantengono il loro impegno verso politiche volte a promuovere i principi democratici, il ruolo della legge e il rispetto dei diritti umani».
Il "dopo" Chavez è la grande incognita che grava, non solo sul Venezuela, ma anche sugli equilibri regionali. Si tratta, va ricordato, di un Paese petrolifero che esercita un ruolo di grande influenza in America Latina.
Gli scenari futuri si giocano su due livelli: il primo all'interno del Psuv, il Partido socialista unido de Venezuela. Ovvero i seguaci di Chavez. Il secondo riguarda le scelte dell'opposizione.
Maduro, 50 anni, ex ministro degli Esteri, vicepresidente, è un ex autista di autobus che ha poi ricoperto ruoli sindacali. È approdato al chavismo grazie alla moglie, Cilia Flores, procuratore generale del Paese e, vent'anni fa, avvocato di spicco capace di ottenere la liberazione di Chavez, detenuto dopo il fallito golpe cui partecipò nel 1992.
Oltre a Maduro, designato da Chavez come candidato naturale, c'è Diosdado Cabello, un uomo dell'Esercito, ex ufficiale delle Forze Armate. Cabello esprime uno dei poteri dell'Esercito. È un candidato possibile, ma meno forte di Maduro. Le divisioni che permangono all'interno delle Forze Armate non lo favoriscono.
Le tensioni tra i chavisti potrebbero persino compromettere l'attuazione del voto. In questo caso il Paese rischierebbe di sprofondare nell'instabilità.
Sul fronte dell'opposizione si apre un'altra questione, non meno complessa: ripresentare o meno Henrique Capriles, il candidato che ha perso lo scorso 7 ottobre.
Incertezza anche a livello internazionale, non solo per i Paesi dipendenti dal petrolio concesso da Chavez a prezzi politici agli "amici" latinoamericani. Ma anche per i contratti siglati finora da Chavez; saranno onorati?