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Questo articolo è stato pubblicato il 12 marzo 2013 alle ore 17:10.

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Il regime degli ayatollah iraniani vuole «fare causa a Hollywood» per Argo, il film premio Oscar di Ben Affleck, che per le autorità della Repubblica Islamica darebbe un'immagine «irrealistica» del Paese e mette nel ridicolo, aggiungiamo noi, i pasdaran, la milizia scelta della Rivoluzione che viene giocata dall'azzardo della Cia.

D'accordo, è vero che la prima a fare le pulci ad Argo, il film premiato meritatamente con l'Oscar, è stata proprio l'opionista premio Pulitzer del New York Times, Maureen Dowd, che faceva notare come vedendo il film proprio con Jerry Rafshoon, che all'epoca era il consulente principale del Presidente Jimmy Carter durante al crisi degli ostaggi, aveva sottolineato come nella vicenda viene chiamato al telefono Hamilton Jordan, capo dello staff alla Casa Bianca, dall'agente della Cia che si finge un responsabile della scuola dei figli per avere rapidamente la comunicazione con lui; ma, faceva notare l'ex superconsulente di Carter, che Hamilton non era sposato all'epoca e non aveva figli.

Certo, le cose non sono andate esattamente così come riportato nel film, ma queste sono licenze artistiche che gli scenaggiatori di Argo si sono presi per rendere palpitante la vicenda di un film che ti tiene incollato alla sedia fino alla fine sebbene sia noto a tutti come sono andate le cose, poiché si tratta di una vicenda realmente accaduta e finita bene pr gli ostaggi.
Ma il governo di Teheran non ci sta e da mesi non perde occasione per ribattere al film, a costo di rischiare il ridicolo. È quanto scrive il quotidiano filo-riformista Shargh, secondo cui in questi giorni l'avvocato francese Isabelle Coutant-Peyre si trova in Iran proprio per discutere con le autorità le modalità con cui citare in giudizio l'industria cinematografica americana.
Coutant-Peyre è nota per essere la moglie del terrorista nato in Venezuela Ilich Ramirez Sanchez, detto Carlos "Lo sciacallo", attualmente detenuto nelle carceri francesi, dove sta scontando una condanna all'ergastolo e dalla cui vita è stato tratto un altro film.

La notizia rinfocola le polemiche in Iran, dove la stampa e il governo di Ahmadineajd non hanno risparmiato critiche per l'Oscar ad Argo.
Tra i primi a reagire dell'establishment politico-religioso del Paese mediorientale è stato il ministro della Cultura e della Guida Islamica, Seyed Mohammad Hosseini, che ha parlato di un film «senza valore artistico» e «contro l'Iran». Insomma un film di pura propaganda politica. Forse ci sarà anche questa componente, ma il film non è affatto di pura propaganda, anzi è di puro divertimento.

Anche la stampa iraniana, in particolare l'agenzia di stampa Fars, ha contestato il premio Oscar, parlando di decisione influenzata da «motivazioni politiche». Le critiche non hanno risparmiato nemmeno la first lady, Michelle Obama, che a sorpresa ha annunciato il film vincitore in collegamento dalla Casa Bianca.

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