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Questo articolo è stato pubblicato il 12 marzo 2013 alle ore 17:10.

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La presenza della first lady sarebbe la prova della «dimensione politica» del premio, secondo la stampa iraniana, che ha sottolineato come sia la prima volta che la moglie di un presidente degli Stati Uniti annuncia il film vincitore di un Oscar e che questo accadde «quando a essere premiato è un film anti-Iran».

L'assalto all'ambasciata
In realtà è un film anti-regime iraniano sempre più isolato dalla sanzioni economiche. Cre do proprio che il dvd del film Argo probabilmente verrà venduto di nascosto anche nelle bancarelle del bazar di Teheran. Sono sicuro che gli studenti di allora che assaltarono l'ambasciata americana vorranno vedere il film Argo e tra questi Massoumeh Ebtekar o Sister Mary, come fu chiamata dai network americani la portavoce degli Studenti iraniani di allora. L'Iran è ancora ostaggio di quella vicenda storica.
Anche perché la leadership riformista dell'Onda Verde ha continuato a rivendicare la paternità dell'assalto all'ambasciata americana. Invece di disconoscerla perché in contrasto con il diritto internzionale per cercare di assumere nuovamente il ruolo di discendenti "legittimi" dell'ayatollah Khomeini. Senza ricordare che i documenti presi nell'ambascita Usa a Teheran, nel cosidetto «nido di spie» servirono per arrestare i politici moderati dell'epoca (come Abbas Amir Entezam, portavoce del primo governo post-rivoluzionario condannato all'ergastolo nel 1981) e spianare la strada a una teocrazia senza freni.

Proprio come nel film Argo, quando i bambini iraniani addetti all'opera certosina, ricompongono le foto tagliate in fretta e furia dalle macchine tritatrici, negli istanti prima dell'assalto all'amasciata, dei sei fuggiaschi americani.
Argo infatti racconta la storia vera dell'agente Cia Tony Mendez, riuscito nell'impresa pazza di riportare a casa con un escamotage (girare un fil di fantascienza in Iran) sei diplomatici americani fuggiti durante l'assalto all'ambasciata a Teheran nel 1979 mentre gli altri ostaggi rimasero prigionieri per 444 giorni.

Ancora nel maggio 2009, passando davanti all'ex Ambasciata americana a Teheran, si respira, come è accaduto a chi scrive durante la contestata rielezione di Ahmadinejad, di respirare la stessa atmosfera dell'epoca. Tutto è rimasto come allora, con gli stessi murales con la pistola dipinta a stelle e a strisce, e la statua della Libertà con la testa della morte e un negozio di souvenir anti-imperialisti, anti-yankee gestito dai pasdaran all'angolo dell'edificio.

Ora l'ex ambasciata Usa è in mano all'esercito iraniano ma non si può entrare nell'edificio se non con uno speciale permesso. E' un luogo della memoria del conflitto irrisolto tra Stati Uniti (il Grande Satana nell'espressione dell'ayatollah Khomeini) e il regime teocratico sciita. E' un nodo irrisolto che blocca ogni evoluzione.
Ma torniamo alla polemica cinematografica iraniana di questi giorni. Già nei mesi scorsi, il governo iraniano aveva criticato "Argo" annunciando il finanziamento di un film, "The General Staff", per correggere gli «errori» contenuti nell'opera di Affleck, uno dei casi cinematografici dell'anno. Siamo sicuri però che l'anti-film iraniano non sarà all'altezza di Argo.

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