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Questo articolo è stato pubblicato il 19 marzo 2013 alle ore 07:49.

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L'ultima parte del rito di incoronazione papale si svolgeva fuori della Basilica Vaticana. Il Papa è seduto su un trono apparecchiato per l'occasione - in modo che la scena sia ben visibile - sul gradino più alto della scalinata o sulla loggia delle benedizioni (nel nuovo San Pietro) davanti alla corte, al clero e al popolo. Un cardinale diacono toglie dal capo del pontefice la mitra e il primo diacono procede alla imposizione della tiara mentre i musici intonano l'antifona corona aurea e il popolo acclama.

Questa sequenza non aveva alcun carattere sacramentale né giuridico ma un altissimo valore simbolico.
Se la mitra era copricapo liturgico vescovile, la tiara era simbolo sia della sovranità temporale del papa che del suo dominio universale.
Il De Novaes e prima di lui molti scrittori cerimonialisti attribuivano, secondo la tradizione creata dalla falsa Donazione di Costantino, a quest'ultimo l'offerta di un copricapo "frigio" appuntito ma di colore bianco, successivamente (inizio del XII secolo) chiamato tiara, a papa Silvestro I, azione che significava la trasmissione di potere imperiale. Ornamento imperiale era appunto la tiara, l'antico berrettone con una corona nella parte inferiore: Bonifacio VIII l'avrebbe duplicata per rappresentare le due anime della sovranità papale, più tardi nella parte inferiore sarebbe stata aggiunta una terza corona.

Le tre corone esprimevano le tre dimensioni del potere del papa, pontificio, reale, imperiale ma ci sembra degno di rilevanza notare come nella trattatistica erudita ecclesiastica di primo Ottocento, quindi dopo la Rivoluzione che del berretto frigio, sulla scorta della tradizione classicista e repubblicana, aveva fatto un simbolo di libertà, questo imponente copricapo venga citato come un berretto frigio, simbolo della libertà che la Chiesa aveva acquistata dall'imperatore: «essendo simbolo di questa libertà la tiara stessa per la figura che havea di Berrettone antico romano col quale indicavasi la libertà» (Novaes). Uno dei casi di riuso e riappropriazione simbolica in mutati contesti storici che ricorrono anche nella cerimonialità papale.

Se pontefici medievali come Bonifacio VIII, Clemente V, Nicolò II avrebbero considerato la tiara il copricapo regale, simbolo della pienezza del potere, saranno però i papi del Rinascimento a intensificarne l'uso. Certamente Eugenio IV ma soprattutto Paolo II che per indossare la tiara più spesso ne ordinò, avendone già una ricchissima ma troppo pensante, una preziosa ma leggera anche rispetto al pesante triregno che usavano i papi ad Avignone. Pure i due papi Medici e ancor più Giulio II, che commissionò un fastosissimo triregno, l'unico destinato a durare a lungo nel tempo, amarono adornare il capo di questa imponente corona, simbolo del dominio del mondo che persino i sultani ottomani, ai quali la fede coranica vietava l'uso della corona, pensarono di adottare. Pare dunque un contrappasso che durante il sacco di Roma Clemente VII dové disfarsi dei triregni dei suoi predecessori, eccetto che della tiara di Giulio II, anche se Paolo III, nonostante gli attacchi protestanti a questo oggetto, che rappresentava ciò che essi più condannavano del potere papale, ne programmò per sé uno nuovo, adornato di gioielli antichi romani ritrovati negli scavi nel cantiere di San Pietro in corrispondenza dell'altare di Santa Petronilla e di preziosi zaffiri orientali per comporre i gigli farnesiani (Moroni).

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