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Questo articolo è stato pubblicato il 20 marzo 2013 alle ore 08:02.

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Angela Merkel. Nelle parole di Kostantinos, taxista cipriota, il nome del cancelliere tedesco diventa quasi un'ossessione. Le sue invettive sono così frequenti quasi fossero un intercalare. Kostantinos, 50 anni e 4 figli, riflette però la delusione e lo scontento che molti ciprioti nutrono nei confronti dell'Unione europea.

È assolutamente soddisfatto della bocciatura da parte del Governo di Nicosia di quel controverso "prelievo forzoso" sui depositi - per una valore di 5,6 miliardi di euro - che avrebbe sbloccato un prestito di 10 miliardi da parte di Bruxelles. E permettere così alla più piccola economia della zona euro di evitare la bancarotta. "Tassare i nostri risparmi è un ricatto", continua il taxista, che sembra un fiume in piena. Come altri ciprioti non riesce a contenere l'acredine, a volte immotivata, verso la moneta unica europea: "Qui i prezzi sono raddoppiati. Vivere è insostenibile. Ho dato la mia disponibilità 24 ore al giorno, eppure oggi è la prima corsa".

Come molti ciprioti che lavorano nel settore privato. Anghelos, gestore di un piccolo ristorante di Limassol, ce l'ha a morte con i dipendenti pubblici. E non ha tutti i torti. A Cipro sono davvero tanti, quasi 100mila su un milione di abitanti. E godono di privilegi e benefit inammissibili in un paese moderno. In primo luogo i salari. Decisamente alti. Basti pensare che un insegnante alle superiori con 25 anni di anzianità può guadagnare anche 3.500 euro al mese, quasi il doppio di un collega italiano. Con un potere di acquisto, peraltro, pari, se non superiore all'Italia.

"Hanno salari molto alti, una scala mobile ogni sei mesi, scatti annuali, pensioni esagerate. E come li paghiamo? Ricorrendo alla tassazione, quindi al settore privato. E ai prestiti bilaterali, che però avranno l'effetto di alzare il debito pubblico", spiegava qualche mese fa Costas Christofides, direttore del Cyprus Employers industrailist federation, la Confindustria locale . Ora le cose sono cambiate. Il nuovo governo guidato dal neo presidente Nicos Anastasiades, sostenitore del "prelievo forzoso", ha congelato scala mobile e scatti, e sembra abbia ridimensionato gli stipendi. Ma il divario resta grande.

E ora che fare per evitare la bancarotta? Cipro guarda ora alla Russia. D'altronde tra Nicosia e Mosaca da anni c'è un sodalizio di ferro. I russi sull'isola sono 45mila. Secondo l'agenzia di rating Moody's le imprese russe – qui numerose a causa della tassazione molto bassa – avrebbero 19 miliardi di euro custoditi nelle banche locali. A cui vanno aggiunti altri 12 miliardi (a tanto ammonta l'esposizione, secondo Moody's, delle banche russe sull'isola). In totale dunque , quasi la metà dei depositi complessivi di tutto il sistema bancario cipriota. Il che spiega la dura reazione del presidente Vladimir Putin, che ha definito il prelievo sui conti correnti e depositi (al 9,9% sopra i 100mila euro) "ingiusto, poco professionale e pericoloso". E che ha spinto Mosca a valutare di non estendere più, come prima ventilato, la scadenza del prestito di 2,5 miliardi di dollari concesso a Cipro nel 2011.

Ora sarebbero in atto trattative tra Mosca e Nicosia. Con i russi pronti a venire in soccorso a Nicosia. Ecco la poposta che i ciprioti vorrebbero fare: in cambio di una tassa compresa tra il 20 e il 30% sui depositi russi nelle banche cipriote, Nicosia potrebbe valutare di cedere una quota della futura società energetica cipriota a Mosca e ulteriori benefici strategici nel settore del gas alla russa Gazprom. Intanto il ministro delle Finanze cipriota, Michalis Sarris, è volato a Mosca dove stamane incontrerà l'omologo russo Anton Silouanov, a cui chiederà una proroga del credito da 2,5 miliardi.

Per ora solo trattative. Intanto, qui, a Limassol, la più russa delle città cipriote, i bancomat sono ancora fermi. Da auto di lusso, dai colori sgargianti, donne ingioiellate e vestite alla moda escono cariche di borse dalle boutique. Mentre fra la popolazione cipriota, fino a poco fa orgogliosa europeista, si fa strada un sentimento che cresce col passare dei mesi. Lo riassume bene Konstantinos: "Sarebbe meglio se uscissimo dall'euro. Sarà difficile all'inizio, ma poi , le cose andranno meglio. Forse".

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