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Questo articolo è stato pubblicato il 23 marzo 2013 alle ore 08:12.

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ROMA.
È un pre-incarico quello che il capo dello Stato affida a Pierluigi Bersani mettendo dei paletti molto chiari alla missione «pur difficile» del segretario Pd. In primo luogo «sostegno certo» al Governo e «fiducia delle Camere» archiviando così quella strada – che pure nel Pd era stata coltivata – di un governo di minoranza o della "non sfiducia" sulla scia dell'Esecutivo Andreotti del '76. Questa ipotesi è stata scartata da Giorgio Napolitano. «Ho conferito, in continuità con eloquenti precedenti, all'on. Bersani l'incarico di verificare un sostegno parlamentare certo a un governo che abbia la fiducia delle Camere». Il segretario Pd ha anche un calendario stretto visto che il Colle gli chiede di riferire «appena possibile». E in effetti si attende che già mercoledì Bersani torni al Quirinale per riferire se ha o no i numeri in Parlamento.
Dal successo o no del segretario Pd dipende la restituzione dell'incarico nelle mani di Napolitano, come avvenne per Romano Prodi nell'ottobre del '98 quando – dopo la sfiducia al suo primo Governo – Oscar Luigi Scalfaro gli affidò un pre incarico che non andò a buon fine. Subito dopo venne pre-incaricato Massimo D'Alema che invece trovò la maggioranza alle Camere e ottenne un mandato "pieno". Dunque, lo schema sarà lo stesso.
Molti ieri hanno notato lo strappo alla tradizione del capo dello Stato che ha preferito uscire per primo e per primo tenere un discorso mentre la prassi vuole che sia il segretario generale del Quirinale, poi l'incaricato e infine il presidente della Repubblica a parlare. Ed è anche questo il segno di come la crisi sia del tutto inusuale e di come l'incarico a Bersani avesse bisogno di un recinto politico-istituzionale chiaro e ben disegnato da Napolitano. E così, ha sentito il bisogno di spiegare in prima persona l'esito delle consultazioni soffermandosi – lungamente – sul tema delle larghe intese, di come esse siano necessarie per superare l'impasse, ma di come – allo stato – non ne sussistano le condizioni. Cita le forze inclini a questa formula, in primis Silvio Berlusconi, ma «le difficoltà a procedere in questo senso sono apparse rilevanti». Difficoltà soprattutto di Bersani che ha già chiuso all'ipotesi di un dialogo con il Pdl anche se sta pensando di recuperarlo attraverso la Lega.
È in questa chiave che va interpreato il "doppio" binario indicato dal Colle di un eventuale governo con una maggioranza più ristretta, ma della necessità di larghe intese sulla scrittura delle riforme istituzionali e legge elettorale. Insomma, se la strada della grossa coalizione non può essere percorsa per sostenere l'Esecutivo, la formula secondo il Colle può essere – però – recuperata nella vita parlamentare dialogando con un «forte spirito di coesione» sulla riforma del «sistema politico istituzionale» che non viene più tollerato dagli elettori.

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