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Questo articolo è stato pubblicato il 26 marzo 2013 alle ore 07:55.

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Cipro è tutt'altro che un'isola. Senza l'accordo raggiunto domenica notte, Nicosia oggi sarebbe di fatto uscita dall'euro e dietro di sè avrebbe lasciato spalancato un cancello da cui prima o poi sarebbero passati altri Paesi. Tuttavia, proprio perché finanziariamente Cipro non è un'isola, la soluzione individuata – chiusura di banche e pesante tosatura dei depositi – è rischiosa, avrebbe potuto creare una fuga di capitali esiziale da un Paese all'altro alla ricerca di banche sicure.

Messa al sicuro Cipro in realtà nessuno è più al sicuro, e senza l'impegno dei governi a favore di una rapida realizzazione dell'unione bancaria, sarà un miracolo se i mercati rimarranno tranquilli. Le reazioni in Italia alle voci di un nuovo declassamento, dimostrano quanto cresca il nervosismo nell'area euro.
Senza fondi di risoluzione e di ricapitalizzazione comuni, investire in una banca europea è da ieri più rischioso. Perfino depositare somme superiori a 100mila euro è meno sicuro di una settimana fa. Inoltre bisogna capire quanto "temporanee" siano le imprecisate "misure amministrative" che devono evitare la fuga dei capitali da Cipro.
Anche se non saranno un vero freno alla libera circolazione dei capitali, rappresentano un nuovo fattore di frammentazione del mercato finanziario europeo. In una fase in cui le banche europee devono aumentare il loro capitale e devono poter contare su una base stabile di depositi per non tagliare i prestiti all'economia, l'accordo di Cipro è come minimo una fotografia delle difficoltà europee.

Quanto all'idea che Cipro fosse un caso unico ed eccezionale, ieri il presidente dell'Eurogruppo, il ministro olandese Dijsselbloem, ha ammesso il contrario: il metodo seguito in questa crisi sarà la regola in futuro. Una decisione affrettata per andare incontro all'elettorato di Finlandia, Germania e Olanda stufo di finanziare Paesi indebitati. Per anni infatti l'euroarea si è avvitata in un circolo vizioso di crisi bancarie che producevano debiti sovrani. Da domenica si è deciso che a pagare il conto di banche mal gestite non saranno gli Stati bensì gli azionisti e i depositanti. Ma il circolo vizioso rischia di scattare lo stesso: le banche chiudono, i depositanti si impoveriscono, l'economia va in crisi e il debito pubblico aumenta.
In una notte per esempio Cipro ha smesso di essere un centro finanziario. Il sistema bancario rappresentava il 9,2% del reddito dell'isola, ma attraeva anche turismo e servizi professionali, forse in tutto il 12-15% del Pil. È probabile che tutto ciò sarà spazzato via da un accordo che è molto severo per azionisti e depositanti e dalle nuove norme anti-riciclaggio.

Anche le banche risparmiate dall'accordo vedranno aumentare le perdite. I capitali esteri spariranno. L'occupazione ne risentirà severamente. Tamponando una crisi finanziaria se ne è aperta una di natura economica. Nel futuro prossimo i ciprioti vedranno scendere il loro reddito di almeno il 10%. Se seguirà anche una crisi politica, entro pochi anni Cipro dovrà essere nuovamente assistita dai partner dell'euro area.
Liquidare le sofferenze dei ciprioti come un prezzo da pagare per la trasparenza ritrovata è ipocrisia. Non solo aiutare i cittadini di Cipro è doveroso a fronte della giusta opera di pulizia finanziaria, ma dovremmo far seguire la loro strada a Lussemburgo (il rapporto tra banche e Pil è 22 volte quello di Cipro), Liechtenstein, Isole britanniche del Canale e a tutti gli altri centri offshore europei.
La responsabilità dei partner europei va anche oltre. L'accordo raggiunto ha infatti caratteri innovativi mai testati su altri Paesi e i cui effetti sono infatti sconosciuti. Il principio secondo cui una banca gestita come un casinò non deve essere salvata dai contribuenti è corretto perché disciplina i comportamenti finanziari azzardati, così come quello che le perdite finiscano per gravare, seguendo una gerarchia logica, su azionisti e obbligazionisti e anche su depositanti facoltosi. Ma se la stessa logica fosse stata applicata nel 2008 alle banche di Germania, Francia e Olanda, oggi ci sarebbe un deserto finanziario in mezzo all'Europa.

Quello di Cipro è il quinto intervento di assistenza dell'Euroarea. In ognuno dei casi precedenti, la personalità politica europea è cresciuta insieme alle difficoltà. Sorprende per esempio la forza con la quale Bruxelles (e Berlino) hanno saputo trattare con Mosca nei giorni scorsi.
Non era mai successo che emergesse una personalità internazionale europea in grado di dettare le condizioni a potenze poco interessate al dialogo. La stesso "potere della volontà" deve ora riguardare l'unione bancaria.
cbastasin@brookings.edu

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