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Questo articolo è stato pubblicato il 27 marzo 2013 alle ore 18:50.

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Dalla possibile presenza del Papa all'Olimpico, per Italia-Argentina del prossimo novembre, ai Mondiali in Italia nel 2023. Parla a tutto campo, Alfredo Gavazzi, presidente della federazione italiana rugby, nel corso di un incontro con la stampa. E gli argomenti sono tanti.
Il primo, in effetti, è frutto di un assist di Giovanni Malagò, neopresidente del Coni. Che ha pensato in grande, immaginando che l'italo-argentino papa Francesco possa assistere al confronto tra Azzurri e Pumas. Di un nuovo pontefice appassionato di calcio si sapeva, ma poi è emerso che in gioventù ha giocato pure a rugby.

E così è nata l'idea. Che comporterebbe lo spostamento da quella che sembrava la sede in pole position, Napoli: "Una chance di questo tipo - dice Gavazzi - la coglieremmo adeguandoci alla disponibilità del Papa. Se il Signore ci aiuta... Magari, ma questa è solo una ipotesi tutta da verificare, potremmo poi scegliere Torino per Italia-Australia". Che invece, secondo i piani attuali, si dovrebbe giocare proprio a Roma.
Dal sacro al profano, ecco la candidatura per la Coppa del Mondo 2023. Che sarà ufficializzata nei tempi dovuti e potrebbe affrontare, secondo quanto è emerso finora, la concorrenza di Argentina, Irlanda e Francia. "Io credo - afferma il presidente Fir - che l'International Rugby Board non potrà non darci i Mondiali, a patto che nel frattempo noi dimostriamo di essere in grado di riempire gli stadi in più città d'Italia".

Serve, questo sembra essere il ragionamento, un rugby un po' più "metropolitano", che sia in grado di sfondare innanzitutto nelle due città più grandi. A Roma lo ha già fatto, almeno per quanto riguarda il successo della Nazionale all'Olimpico. "Questo è vero, ma anche qui ci sarebbero margini di miglioramento. Se in tre partite del Sei Nazioni abbiamo avuto 195mila spettatori, questo è un successo, ma va visto come un punto di partenza, perché si poteva superare quota 220mila. E poi ci sono numeri più generali. Tra biglietti, bar e ristorazione, merchandising e hospitality il business di una partita dell'Inghilterra a Londra vale nove milioni di euro, noi siamo rimasti al di sotto dei tre milioni".

Intanto, però, i due superclub italiani, Benetton e Zebre, giocano rispettivamente a Treviso (con risultati in deciso miglioramento) e a Parma. Sono loro a disputare la Heineken Cup (ovvero la Champions League ovale, la cui finale si dovrebbe giocare in Italia nel 2015, stesso anno in cui l'Italia tornerà a ospitare il Mondiale Under 20) ) e il Pro12 (ex Celtic League), campionato internazionale che le mette di fronte alle migliori realtà di Galles, Scozia e Irlanda. "Per noi l'ideale sarebbe arrivare ad avere una terza franchigia, se il Galles o l'Irlanda dovessero rinunciare a una delle loro. Io ne vedrei bene una a Milano, a coprire l'area del Nord-Ovest (con un possibile trasloco delle Zebre, ndr), una in Veneto per il Nord-Est e una a Roma per il Centro-Sud".

E qui si apre uno scenario che in un primo momento sembra quasi in una fase concreta, ma che poi lo stesso presidente derubrica allo stato di "sogno": "Diciamo che se le nostre rappresentanti dovessero rimanere due, io ne vedrei bene una a Milano, se sarà possibile ricavare uno stadio da 10mila posti con la ristrutturazione del Vigorelli, e una a Roma, con base al Flaminio, che per il rugby è l'impianto migliore d'Italia. Mi risulta che, ora come ora, il gruppo Benetton abbia il grosso dei suoi interessi incentrato sulla Capitale...".

La palla (ovale) rimbalza a Treviso. Nel frattempo le due franchigie dovranno provare a rinforzarsi. "Io non pongo problemi sul numero di stranieri e sui ruoli che dovranno andare a coprire. Certo, bisogna anche considerare che certi giocatori, come Zanni e Ghiraldini, hanno richieste anche dall'estero. Noi vorremmo che rimanessero in Italia almeno fino alla stagione che comincia con i Mondiali 2015. Ma c'è da fare i conti con il mercato, che vince sempre. Mio padre, che faceva il fabbro, mi diceva: ricordati che l'acqua va sempre verso il basso. Io, da giovane imprenditore, ero convinto di poter determinare il mercato perché i miei erano effettivamente i migliori impianti robotizzati in circolazione. E' stato l'errore più grande che ho fatto".

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