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Questo articolo è stato pubblicato il 28 marzo 2013 alle ore 15:55.

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L'editoria portoghese è alle prese con la più grande recessione dal 1970 a oggi. La crisi economica è soffocante, e l'avvento di Internet sta mettendo a dura prova giornali e riviste. Proprio per questo la Confederazione dei media portoghesi (CPMCS ) ha deciso di battere cassa nei confronti di Google, il titano dei motori di ricerca che cannibalizza le notizie altrui. Una richiesta simile a quella avanzata, con successo, dagli editori francesi che sono riusciti a scucire al colosso di Mountain View sessanta milioni di euro. Questa volta, però, Google pare non sentirci. E ha rispedito al mittente qualsiasi pretesa.

La prima riunione fra le parti risale a qualche giorno fa, e s'è chiusa con una fumata nera, lasciando la CPMCS con l'amaro in bocca, anche se il segretario nazionale, Alberico Fernandes, ha annunciato che Google intende continuare i negoziati: "Hanno mostrato disponibilità a collaborare con i gruppi editoriali per aiutarci a modernizzare e rendere i nostri contenuti più redditizi".

Gli editori, da parte loro, hanno un solo scopo: vogliono il pagamento per i collegamenti agli articoli che finiscono in Google News. Fernandes è stato chiaro: "La nostra posizione non cambia: i contenuti che finiscono in Google News devono esserci pagati ". La maggior parte dei contenuti che finiscono nell'area notizie del celebre motore di ricerca, in effetti, è di proprietà dei giornali on line. Giornali che riescono, in questo modo, a catalizzare click e, conseguentemente, incassi pubblicitari. Ma i conti non tornano. La monetizzazione non è equa. Popolare un'area di news con contenuti altrui non può essere un processo gratuito.

Google non commenta
Google, da parte sua, ha preferito non commentare. Ma visto quanto successo in Francia qualche settimana fa, non è da escludere che alla fine il colosso californiano debba cedere. Campagne anti-Google sono aperte anche in Belgio e Germania, dove gli editori sono sul piede di guerra, e anche in questo caso il precedente francese è stato determinante. C'è da ricordare, inoltre, che più o meno un mese fa, il portoghese Francisco Pinto Balsemao, presidente del Consiglio europeo Editori, aveva avanzato pesanti dubbi sulla divisione della pubblicità on line. E aveva dichiarato, in modo molto diretto, "è giunto il momento di porre fine a quella rapina". In Portogallo hanno seguito il consiglio.

Il controllo angolano
Nel Paese iberico, la storia dell'editoria porta a galla un particolare non di poco conto. L'Angola, ex colonia portoghese, in pieno sviluppo controlla ormai larga parte del settore dei media del paese europeo, ex colonizzatore ora salvato. Isabel dos Santos, figlia maggiore del presidente angolano José Eduardo, controlla la società portoghese Zon, principale operatore tv via satellite e secondo fornitore Internet del paese, attraverso la società Kento, una holding con sede a Malta. E non è tutto. La Newshold, società con il 91,2% del capitale in mano ad angolani, attraverso poco chiare società con sede a Panama, controlla diversi giornali portoghesi: i settimanali Sol, Expresso e Visão, il più venduto tabloid quotidiano Correio de Manhã, e il quotidiano economico Jornal de Negócios. L'editoria portoghese ha uno strano sapore di Africa. Ma questa è un'altra storia.

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