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Questo articolo è stato pubblicato il 02 aprile 2013 alle ore 12:58.

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Giorgio Napolitano ha voluto precisare che le due commissioni da lui nominate avranno un compito esclusivamente «ricognitivo» e che questo sarà svolto in tempi brevi, una decina di giorni. Ma è evidente che il Capo dello Stato auspichi che proprio dal confronto interno ai due gruppi di lavoro insediatisi in queste ore si possa realizzare quel ponte tra i partiti oggi arroccati su sponde opposte. Oggi probabilmente darà indicazioni ancora più precise. I temi del resto non mancano. Sulle riforme istituzionali e la legge elettorale in questi anni centrodestra e centrosinistra erano arrivati anche a raggiungere un'ampia intesa (la nomina a saggi di Luciano Violante e Gaetano Quagliariello ne è la conferma). Lo stesso potrebbe valere sul fronte economco: congelamento del prossimo aumento iva, crediti delle imprese verso la Pa, esodati, rifinanziamento degli ammortizzatori sociali, tanto per indicarne alcunialla soluzione del problema dei crediti delle imprese con la Pa, alle risorse necessarie agli esodati.

Il bluff di Berlusconi
Ma lo stallo che impedisce la nascita di un governo da oltre un mese non dipende tanto dal «che fare» ma dal «con chi farlo». Ed è un impasse che non riguarda solo la formazione dell'esecutivo. Anzi, il punto decisivo è sul chi andrà a sostituire Giorgio Napolitano al Quirinale. Silvio Berlusconi ha puntato tutto sull'implosione del Pd dopo la sconfitta elettorale e l'impossibilità di Bersani di raggiungere un accordo con i grillini per ottenere la fiducia. Il Cavaliere era convinto che minacciando le elezioni «subito», «a giugno», avrebbe imposto agli avversari di scendere a patti sulla sua proposta per un governo di «larghe intese» e sulla scelta del prossimo Capo dello Stato. Questa strategia finora si è riveltata proco fruttuosa.

Impraticabile la finestra elettorale di giugno
Il Pd finora non è imploso, le larghe intese restano impercorribili e «la finestra delle elezioni a giugno» sta per chiudersi definitivamente. Diverso sarebbe stato se il Pdl avesse aperto a quello che viene definito un governo di scopo, isituzionale, del Presidente al quale difficilmente i democratici avrebbero avuto la forza di opporsi e che inevitabilmente avrebbe imposto anche un confronto sul nome da indicare per il Colle. L'attacco sferrato ieri contro la scelta di Napolitano, quella sorta di aut aut pronunciato dal segretario del Pdl Angelino Alfano a «riprendere le consultazioni» perchè «non sarebbero comprensibili altri rinvii e ripensamenti», ben fotografa il nervosismo che ora si respira nel partito di Berlusconi.

Il Pd diviso sul successore di Napolitano
Nel Pd non va molto meglio. La conferenza stampa che Bersani e Letta terranno questo pomeriggio serve a dare l'immagine di un partito compatto, che non ritiene praticabile un'alleanza politica con Berlusconi. Ma sarebbe un errore credere che a Largo del Nazzareno sarebbero altrettanto compatti nel puntare su un'alleanza con i grillini per eleggere un presidente della Repubblica "contro" il Cavaliere. Lo stesso nome di Romano Prodi ipotizzato da Grillo non vedrebbe visto con favore da molti esponenti del Pd. «Prodi è uno dei nomi che sicuramente viene in mente, tuttavia abbiamo detto che intendiamo lavorare per una candidatura frutto della condivisione. Questa scelta non la condividerebbe nemmeno Bersani», ha detto questa mattina Andrea Orlando, uno degli esponenti più vicini al segretario.

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