Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 06 aprile 2013 alle ore 10:24.

My24

A rompere il tabù, a sinistra, è l'ex segretario del Pd Dario Franceschini: «Ci piaccia o no, il capo della destra è ancora Berlusconi. È con lui che bisogna dialogare». Primo tra i big del partito a parlarne alla luce del sole, dopo settimane in cui questa possibilità era esclusa ufficialmente dalle "ipotesi di lavoro" per superare l'attuale stallo politico, Franceschini in una intervista al Corriere della Sera, dice «basta» ai complessi: «Se si vuol dare un governo al Paese, in questa fase si debbono accettare forme di collaborazione».

Uscire dall'«incomunicabilità», e puntare a governo di transizione
La sua proposta, è quella di un «un esecutivo di transizione, che prenda le misure necessarie per dare ossigeno all'economia mentre in Parlamento si fanno le riforme istituzionali: Senato federale, con conseguente riduzione dei parlamentari, e legge elettorale». Secondo Franceschini «neppure con i collegi uninominali uscirebbe una maggioranza assoluta» dalle elezioni. Quindi, dice al Corriere, «non resta che un'altra strada: uscire dall'incomunicabilità. E abbandonare questo complesso di superiorità, molto diffuso nel nostro schieramento, per cui pretendiamo di sceglierci l'avversario. Ci piaccia o no, gli italiani hanno stabilito che il capo della destra, una destra che ha preso praticamente i nostri stessi voti, è ancora Berlusconi. È con lui che bisogna dialogare».

Berlusconi "congela" l'idea del voto anticipato
Le parole di Franceschini seguono al "congelamento" dell'ipotesi di voto anticipato da parte di Berlusconi, probabilmente proprio per favorire, all'interno del Pd, il maturare di posizioni favorevoli al governassimo anche grazie ad una intesa sul Quirinale. In un messaggio ai suoi sostenitori iscritti al sito Forzasilvio.it, l'ex premier ha fatto capire di considerare l'ipotesi del voto anticipato solo l'extrema ratio, sottolineando, in caso di accordo con il Pd, di non voler «nessun ruolo istituzionale o nell'esecutivo» ma solo «la possibilità di continuare a guidare il centrodestra». Sullo sfondo, l'idea è quella di lasciare a Bersani e al Pd la responsabilità di dire no ad un esecutivo di larghe intese in modo che se si dovesse tornare alle urne gli elettori sappiano di chi è la colpa (o il merito).

Coro di consensi dal centro e dal Pdl
Come era da immaginare, l'apertura di Franceschini ha dato il la ad un coro di riscontri positivi, come quello espresso dal capogruppo del Misto alla Camera, ed esponente di Centro democratico, Pino Pisicchio («Ha ragione Franceschini: occorre sotterrare l'ascia di guerra per eleggere il Presidente della Repubblica e comporre un governo capace di dare risposte concrete») e dall'esponente di Scelta Civica Benedetto Della Vedova: «é molto saggio chiedere a tutti uno sforzo per la formazione di un esecutivo che provveda alle riforme e alle misure di governo più urgenti». Ma soprattutto nel fronte Pdl. Qui, i consensi sono arrivati dal capogruppo alla Camera, Renato Brunetta («Bene Franceschi, ora facciamo presto»), Gianfranco Rotondi (l'intervista di Franceschini «è una vera svolta a tanto tempo dal voto») e deel vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri, che invita Bersani e compagni a meditare «sul realismo di alcuni esponenti del Pd. In caso contrario la parola toccherebbe di nuovo agli italiani».

Bindi vs Bersani: «Il partito è fermo». Poi la smentita
Che nel Pd tiri aria di "liberi tutti" rispetto alla linea ufficiale lo si capisce anche per i toni usati dalla presidente dell'assemblea del partito, Rosy Bindi, che in una intervista al Secolo XIX si è scagliata contro l'indecisionismo del segretario: «È così purtroppo, Bersani non sa più che fare e il partito è fermo, senza prospettiva». Oggi, però, l'intervista è stata smentita dalla diretta interessata, che in una nota ha negato di aver fatto alcun colloquio con il giornale: «le frasi virgolettate non sono mie. Sono stata
fermata per strada da un signore che non ricordavo neppure fosse un giornalista, il quale mi ha subissato con le sue considerazioni e i suoi giudizi sulla situazione politica a cui non ho replicato. È molto grave che un incontro casuale si trasformi in una conversazione giornalistica e ancor più grave che le osservazioni del cronista vengano pubblicate come mie risposte mai date».

Civati: «Fase delicata, Renzi potrebbe aspettare un po'»
A gettare acqua sul fuoco sulle tensioni interne del partito, e in particolare gli attriti tra bersaniani e renziani registrati ieri, ci pensa oggi invece il neo deputato Pd Pippo Civati, che intervenendo a «Montecitorio e dintorni« su Radio 24 invita i colleghi di partito a moderare i toni: «Io sono per mantenere un po' di calma. La sfida più importante che abbiamo di fronte riguarda l'elezione del capo dello Stato, fondamentale per il paese in un momento così delicato. Non capisco molto perché bisogna aprire dibattiti e quasi un congresso nei giorni precedenti ad un passaggio così delicato. Non mi schiero, non mi interessa. Sappiamo che Bersani sta cercando di gestire una fase molto complicata, forse Matteo Renzi potrebbe aspettare qualche giorno e magari misurarsi con l'eventualità di nuove elezioni che lo potrebbe avere tra i protagonisti assoluti»,.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi