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Questo articolo è stato pubblicato il 13 aprile 2013 alle ore 10:17.

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DUBLINO - Dopo nuove ore di sofferte trattative, i ministri finanziari dell'Unione hanno dato ieri l'accordo politico - quello legale dovrebbe giungere giovedì prossimo - per un via libera definitivo al trasferimento della vigilanza bancaria dai Paesi alla Banca centrale europea. La presa di posizione è giunta mentre ancora una volta le difficoltà politiche della zona euro stanno mettendo sotto pressione l'istituto monetario, chiamato da più parti a sostenere l'economia in grave recessione.
«I ministri - ha spiegato ieri il ministro delle Finanze irlandese Michael Noonan - si sono messi d'accordo per firmare una dichiarazione in cui prendono l'impegno a concludere rapidamente il negoziato sulla nascita di una unione bancaria e in particolare sulla vigilanza unica». Tra le altre cose, ha aggiunto Noonan, la dichiarazione si sofferma sull'idea di «lavorare costruttivamente» a una modifica dei Trattati perché sia chiara la separazione tra politica monetaria e vigilanza bancaria. Pur non essendo una precondizione per la vigilanza unica, questo passaggio potrebbe rivelarsi un ostacolo a un ambizioso progetto di riforma. Questo aspetto è stato richiesto espressamente dalla Germania, che a fine marzo aveva bloccato all'ultimo minuto il via libera dei governi alla vigilanza unica dopo che questi avevano già trovato una difficile intesa con il Parlamento europeo. La discussione di ieri è stata animata. A molti governi la richiesta tedesca non è piaciuta. C'è chi ha detto di temere che seguendo questa strada si possano incitare dubbi giuridici e cause giudiziarie sul nuovo meccanismo di vigilanza bancaria.

Nelle ultime settimane, a molti osservatori il negoziato sulla nascita di una unione bancaria - basata sulla vigilanza unica, su regole comuni relative alla risoluzione delle banche e alla garanzia dei depositi - è parso lento e farraginoso. Oltre al problema sul trasferimento della vigilanza alla Bce, i governi stanno introducendo ampi gradi di discrezionalità nazionali nelle norme da applicare in occasione della ristrutturazione delle banche in crisi, mettendo a rischio il mercato unico.. «Se le regole su questo fronte non sono omogenee tra i Paesi - spiega un alto responsabile europeo - il rischio è che il mercato unico si segmenti sempre più. Per esempio, le norme potrebbero essere adattate dagli Stati membri per attirare investimenti dall'estero». Nel frattempo, la situazione economica rimane difficile, nonostante un considerevole miglioramento delle condizioni finanziarie. In questo frangente, le pressioni sono tutte sulla Bce.
Sempre a Dublino, il presidente Mario Draghi ha sottolineato ieri che la politica monetaria è attualmente «molto accomodante», e che vi sono in questo contesto tre ragioni per cui le banche non prestano soldi a sufficienza. «Il problema del finanziamento delle banche è stato più o meno risolto - ha detto Draghi, riferendosi ai generosi pronti contro termine della Bce -, tanto che le stesse banche stanno ripagando in anticipo il denaro che hanno preso a prestito dall'istituto monetario a suo tempo». La seconda ragione per cui gli istituti non prestano denaro è legata a una eventuale «carenza di capitale». Questo aspetto, ha detto il banchiere, va risolto dalle banche, dalle autorità di sorveglianza, dai governi. «Il terzo motivo - ha aggiunto Draghi - è che le banche sono spaventate dalla possibilità che i clienti non ripaghino i prestiti, e allora non li erogano». Secondo JP Morgan, i prestiti alle aziende inferiori a un milione di euro avvengono al 2,92% in Germania, 4,35% in Italia, oltre il 5% in Spagna.

«Alla Bce - ha quindi concluso Draghi - continuiamo a riflettere sul come far superare alle banche queste paure, siamo chiaramente determinati a fare in modo che i fondi iniettati trovino la strada dell'economia reale (…) ma è abbastanza chiaro che su questo punto per essere efficaci serve la partecipazione di altri attori». La Bce è alla ricerca di soluzioni che siano accettabili a un consiglio direttivo preoccupato di oltrepassare l'impegno a mantenere la stabilità dei prezzi.

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