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Questo articolo è stato pubblicato il 17 aprile 2013 alle ore 23:36.

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Nel momento in cui ha fatto finalmente un nome concreto per il Quirinale, il Pd si è spaccato. Ha scelto il personaggio meno suscettibile di ricevere veti, il più tranquillo per un certo aspetto: l'anziano e rispettato Franco Marini, un ex sindacalista che con il suo passato può ben rappresentare, sotto il profilo simbolico, l'esigenza di mettere al centro l'economia e i problemi del lavoro. Ma è servito a poco. Oggi sarà comunque un'elezione ad alto rischio, perchè anche Marini si prenderà la sua razione di "veti". Non lo voteranno i renziani e mancheranno i suffragi di una parte dei vendoliani e di altri. Massimo malessere, insomma, mentre il Pdl lo sosterrà compatto e la Lega si sfilerà. Difficile fare previsioni, ma si deve invece constatare che la via crucis di Bersani è lungi dall'essere conclusa.
Comunque vada si dimostra che il Pd è ormai al centro di troppe contraddizioni. Stretto fra un berlusconismo che ancora rastrella, in coalizione, circa il 30 per cento dei consensi (e che i sondaggi danno addirittura in testa in caso di nuove elezioni) e il movimento di Grillo capace di iniziativa e di dinamismo parlamentare, il sentiero di Bersani è sempre più angusto. L'idea dei Cinque Stelle di mettere in campo Rodotà proprio nel momento in cui Pd e Pdl dovevano scegliere a loro volta un candidato "condiviso", si è rivelata lungimirante. Rodotà è apparso il "nuovo", qualunque sia il significato che si vuole dare a questa espressione; e Marini è risultato il "vecchio". Potenza della proiezione mediatica e di una battaglia che il Pd sta conducendo in condizioni di forte sofferenza. Ha rinunciato per il momento agli Amato e ai D'Alema e ha scelto un personaggio che sicuramente piace al mondo cattolico, in teoria quindi il meno divisivo. Ma il solo fatto di averlo individuato insieme a Berlusconi, come è logico che sia per i due gruppi che insieme raccolgono la grande maggioranza del Parlamento, ha provocato il contraccolpo di cui stiamo vivendo le conseguenze.
Stamane in ogni caso si tenterà l'elezione di Marini. La prospettiva è di imporlo al primo turno. Se l'operazione fallirà, ci sono altre due votazioni che richiedono la maggioranza dei due terzi. Due votazioni in cui il "patto" Pd-Pdl dovrebbe ancora essere valido. Ma la sensazione è che Marini sia un candidato da "primo colpo": o viene eletto subito oppure i suoi voti tenderanno piuttosto a scemare che ad aumentare. Con il profilo di Rodotà sullo sfondo che sembra fatto apposta per attirare i tanti "grandi elettori" del Pd che si sentono in queste ore frastornati e confusi. Ma è chiaro che a questo punto, se Marini fallisce, si entra in un frullatore parlamentare dalle conseguenze assai incerte. E in cui può accadere di tutto. Anche che il presidente della Repubblica possa essere eletto sull'asse Grillo-Pd. Il che significa una svolta politica quasi rivoluzionaria, si potrebbe dire, per la storia del nostro paese.

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