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Questo articolo è stato pubblicato il 25 aprile 2013 alle ore 09:43.

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È atteso per domani, 26 aprile, una sentenza della Corte Suprema di New Delhi per chiarire le modalità da seguire nelle indagini sui marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, accusati dell'omicidio di due pescatori del Kerala il 15 febbraio 2012, al centro di una rottura diplomatica fra Italia e India. La prima sezione, presieduta dal giudice Altamas Kabir, si deve pronunciare sul ricorso (contestato dall'Italia) alle leggi e alla polizia antiterrorismo per giudicare i due fucilieri presso «il tribunale ad hoc» costituito in base al verdetto del 18 gennaio. La sentenza era già attesa lunedì scorso, è slittata a domani.

Perché l'udienza che si attende è cruciale, lo spiega all'Adnkronos l'avvocato Giacomo Aiello, che insieme a Carlo Sica e al legale indiano Mukul Roatgi, difenderà i due fucilieri di Marina nelle prossime fasi processuali: «Attendiamo l'esito dell'udienza di domani in India. Dobbiamo capire chi sarà il responsabile dell'inchiesta e del successivo giudizio». Cosa cambia? Cambia che se la Corte suprema indiana dice che le autorità di New Delhi non possono ricorrere alla legge cosiddetta «Sua 2002» (Suppression of Unlawful Acts against Safety of Maritime Navigation and Fixed Platforms on Continental Shelf Act) e alle indagini della Nia, la polizia antiterrorismo, le indagini fatte fin qui sono inservibili e altre non se ne potranno fare. Sottrarre la giurisdizione è l'unico modo per la difesa dei due italiani di aprire i giochi.

Intanto, in un'intervista oggi sul Times of India, il ministro degli Esteri Salman Khurshid ha ricordato di aver assicurato al governo italiano che la pena di morte in India si applica solo ai cosiddetti «casi rari, tra i più rari». Il capo della diplomazia indiana ha incontrato ieri mattina a New Delhi il viceministro agli Esteri Staffan De Mistura al termine della sua missione dedicata a seguire gli sviluppi della complessa vicenda.





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