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Questo articolo è stato pubblicato il 26 aprile 2013 alle ore 06:37.
L'Enel, un gigante industriale, sta facendo la sua parte?
Riteniamo di sì. Anche perché l'energia continuerà a essere un motore dello sviluppo economico e sociale del Paese, qualunque sia la sua evoluzione. La fame di energia non si esaurisce. La sua domanda servirà per produrre più cose valorizzando i nostri punti di eccellenza. Ecco perché siamo e rimaniamo un asset fondamentale del Paese. A maggior ragione nell'auspicata ipotesi di un rapido ritorno alla crescita.
Certo, le politiche fiscali degli ultimi anni non aiutano...
In particolare in Italia e Spagna, proprio i due Paesi in cui abbiamo la presenza più significativa, ci dobbiamo confrontare con tre fenomeni di cui uno è appunto la caduta della domanda, conseguente alla crisi dell'economia reale. Il secondo è l'impetuosa crescita delle rinnovabili. Il terzo è un ricorso, a volte disinvolto e improvvisato, sicuramente controproducente, alla leva fiscale che penalizza in maniera particolare proprio le imprese energetiche.
Le rinnovabili vengono però indicate come un benefico moltiplicatore di sviluppo.
Peccato che questo teorico moltiplicatore sia stato decisamente mal gestito, qui da noi. Producendo un risultato per molti versi contrario. Con una crescita molto rapida, sull'onda di incentivi non ben calibrati per tecnologie ancora troppo costose rispetto al potenziale sviluppo tecnologico e che hanno spiazzato prematuramente l'avanzamento di nuove tecnologie nelle rinnovabili e le energie convenzionali, come ad esempio la generazione a gas, a più basso costo, tuttora essenziali per il nostro Paese. Con uno scompenso che ha danneggiato tutti cittadini e che ha favorito l'impennata di importazioni di apparati di origine estera, prevalentemente orientale. Tutto ciò non ha contribuito a creare una filiera industriale nazionale e, nel contempo, ha assegnato alla platea dei consumatori sovraccosti in bolletta sotto forma di oneri accessori per quasi 12 miliardi solo nel 2012, che stanno ulteriormente crescendo. E intanto ci troviamo con un eccesso di capacità nel mercato italiano fatto di impianti termoelettrici tecnologicamente avanzatissimi e nuovi, che operano in un settore nel quale si sono investiti negli ultimi anni 110 miliardi di euro, di cui 40 da parte di Enel. Cifre importanti nel panorama dell'economia reale italiana.
Anche per questo sollecitate un meccanismo di capacity payment, in sostanza la remunerazione in bolletta anche delle centrali tradizionali che restano spente?
Deve essere chiaro che più avanzano le cosiddette energie intermittenti, frutto dell'avanzata delle rinnovabili, più il Paese ha bisogno di un backup per garantire la sicurezza con una potenza di riserva immediatamente disponibile.