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Questo articolo è stato pubblicato il 01 maggio 2013 alle ore 12:37.

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Vincenzo Fortunato, Elisabetta Spitz (Imagoeconomica/Ansa)Vincenzo Fortunato, Elisabetta Spitz (Imagoeconomica/Ansa)

All'improvviso la macchina delle dismissioni si è rimessa in moto. Grazie all'ex ministro dell'Economia Vittorio Grilli che, poco prima di lasciare il suo ufficio a via XX Settembre, ha firmato il decreto di costituzione della Sgr che gestirà il "fondo dei fondi" previsto dal decreto legge n. 87 del giugno 2012, poi confluito in sede di conversione nella spending review. Ma le sorprese non finiscono qui visto che alla guida della società il responsabile uscente del Tesoro ha nominato il suo capo di gabinetto Vincenzo Fortunato. Salvandolo così dallo spoil system che l'avrebbe potuto riguardare con l'arrivo di Fabrizio Saccomanni dietro la scrivania che fu di Quintino Sella.

Per gli esperti delle cronache di palazzo quello di Fortunato non è un nome qualunque. Capo di gabinetto del Mef già nel 2001, dopo una parentesi alle Infrastrutture con Antonio Di Pietro, il 57enne grand commis era tornato a ricoprire quell'incarico nel 2008. Ed era rimasto al suo posto anche con il passaggio dal governo Berlusconi all'esecutivo dei tecnici. Senza risentire dell'avvicendamento tra Giulio Tremonti e Vittorio Grilli.

Ma anche per la carica di amministratore delegato Grilli ha attinto a un'altra "vecchia conoscenza" della Pa: l'architetto Elisabetta Spitz, ex direttrice dell'Agenzia del demanio. A completare il board della Sgr ci saranno Olga Cuccurullo, avvocato e membro del cda della fondazione Centro sperimentale di cinematografia, Antimo Prosperi, capo della VI direzione del Dipartimento del Tesoro e amministratore della Consip, e Federico Merola, ex direttore generale dell'associazione dei costruttori edili (Ance).

Il decreto con le nomine ha già avuto l'ok della Corte dei conti ed è pronto a fare sentire i suoi effetti. Nelle intenzione del governo precedente, la Sgr e il "fondo dei fondi" erano il fulcro di un piano di dismissioni che poteva contare su un patrimonio potenzialmente aggredibile con un valore quantificato tra 239 e 319 miliardi. Ora si riparte. La società, guidata da Fortunato e partecipata al 100% dal ministero dell'Economia, potrà contare su un primo nucleo di circa 350 beni dal valore di 1,5 miliardi che il Demanio ha già individuato e che potrebbe presto conferire. Dopodiché toccherà alle amministrazioni centrali e e a quelle locali fare la loro parte, individuando i cespiti da dismettere dopo un'adeguata valorizzazione. Ma anche gli enti previdenziali saranno chiamati a contribuire destinando alle fortune del fondo una dote complessiva di circa 500 milioni nel triennio 2012-2014.

All'elenco potranno essere aggiunte le concessioni sui beni che l'Agenzia del demanio ha inserito nel progetto "valore Paese". Con quest'iniziativa l'Agenzia guidata da Stefano Scalera ha provato nei mesi scorsi a tenere alta l'attenzione degli enti locali sul tema delle dismissioni. Puntando su immobili spesso non utilizzati o sottoutilizzati su tutto il territorio nazionale. Attraverso due canali diversi: "Affidiamo valore" che sfrutta lo strumento della concessione/locazione (da un minimo di sei anni a un massimo di 50) per coinvolgere direttamente i privati (o gli enti) nella gestione e progettazione dell'attività di riqualificazione dei beni; "Valore Paese-Dimore" che punta a trasformare una parte del nostro patrimonio storico-artistico in contenitore delle eccellenze del made in Italy e che ha già in portafoglio oltre 100 cespiti. In 63 casi (28 dei quali in fase di startup) il processo di valorizzazione è già partito mentre gli altri 52 sono in attesa di una proposta. Ma il Demanio spera di incrementare la lista dei beni coinvolti visto che fino al 31 maggio Regioni, Comuni, Province ed altri enti proprietari potranno chiedere di aggiungere alla lista i loro immobili.

Tutto ciò in attesa di capire se, in materia di dismissioni, il nuovo esecutivo (in generale) e il nuovo inquilino di via XX Settembre (in particolare) vorranno proseguire sulla strada tracciata dai loro predecessori. Che puntavano a reperire attraverso questa fonte 15 miliardi l'anno. In pratica un punto di Pil, che tornerebbe molto utile di questi tempi tra Imu da cancellare (in tutto o in parte), aumento Iva da scongiurare e ammortizzatori sociali da rifinanziare.

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