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Questo articolo è stato pubblicato il 06 maggio 2013 alle ore 15:20.

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Armi chimiche. La linea rossa sarebbe stata superata. Ma non da chi era ritenuto il "carnefice", vale a adire il regime siriano, bensì da parte di chi era identificato finora come la potenziale vittima di questi devastanti armi: i ribelli.

La clamorosa denuncia - una doccia fredda sui paesi occidentali che sostengono l'opposizione siriana e che si sono detti pronti a intervenire contro il regime nel caso in cui usasse le armi chimiche - è stata rilasciata alla Radio svizzera da un fonte più che autorevole: Carla del Ponte, ex procuratore del Tribunale Penale Internazionale per l'ex Jugoslavia e oggi membro della Commissione Onu che indaga sulle violazione dei diritti umani in Siria. "Stando alle testimonianze che abbiamo raccolto – ha dichiarato la del Ponte - , sono state utilizzate armi chimiche, in particolare gas nervino. Dalla nostra indagine emergerebbe che sono state usate dagli oppositori, dai ribelli".

L'invalicabile linea rossa posta dagli Stati Uniti potrebbe paradossalmente trasformarsi in un imbarazzante dilemma la cui soluzione appare estremamente complessa. Finora alcuni Paesi, tra cui Israele, e più prudentemente gli Usa, avevano accusato il regime di aver fatto ricorso a queste armi proibite. Londra aveva parlato di "informazioni limitate ma persuasive sull'uso di armi chimiche in Siria". La versione della del Ponte va controcorrente. E' bene precisare che per ora si tratta di sospetti, per quanto all'apparenza fondati. "Secondo il rapporto di cui ho preso visione – ha precisato la del Ponte - ci sono forti, concreti sospetti, ma non prove incontrovertibili sull'uso di gas sarin dal modo in cui le vittime sono state curate. I nostri investigatori sono stati nei paesi vicini e hanno incontrato le vittime, i dottori e gli ospedali da campo". "Quando la commissione speciale potrà condurre l'inchiesta, si potrà stabilire se anche il governo (siriano, ndr) ha fatto utilizzo di queste armi" La commissione Onu presenterà le proprie osservazioni nel mese di giugno, al Consiglio dei Diritti dell'Uomo. Ma il suo staff di esperti sta ancora aspettando il via libera da Damasco per poter entrare in territorio siriano

Il gas sarin è un gas nervino, ottenuto per la prima volta nel 1939, utilizzato nel 1995 per l'attacco terroristico nella metropolitana di Tokyo. Ma negli ultimi decenni l'episodio in cui ha fatto decisamente più vittime è avvenuto il 16 marzo del 1988. Allora l'aviazione del dittatore iracheno Saddam Hussein scaricò sulla città curda di Halabja, nel nord del Paese, ingenti quantità di iprite e gas nervini, causando la morte di almeno 5mila civili e lesioni ad altri 10mila. Sono passati 25 anni ma quello di Halabja viene ricordato come uno dei massacri più infami della campagna "Anfal", condotta tra il 1986 e il 1989 contro la popolazione a predominanza curda del nord dell'Iraq.

Secondo affidabili rapporti di intelligence occidentali, negli ultimi decenni il regime di Damasco avrebbe accumulato uno dei maggiori arsenali di armi chimiche al mondo, di cui tuttavia si sa davvero poco.

Carla del Ponte ha tuttavia precisato che le inchieste in corso devono essere approfondite e potrebbero stabilire che anche il regime di Bashar al-Assad ha utilizzato armi chimiche. Sono almeno due gli episodi in cui il regime e i ribelli si accusano a vicenda sull'uso di armi non convenzioni: vicino ad Aleppo, nei pressi di Damasco a marzo, oltre che a Homs a dicembre.

Ma se ai sospetti e alle testimonianze denunciati dalla Del Ponte dovessero seguire "prove incontrovertibili" si solleverebbe una serie di inquietanti interrogativi.
Come sono entrati in possesso i ribelli delle armi chimiche?

E quante ne possiedono?

Dispongono di testate che potrebbero colpire il territorio israeliano, o i Paesi confinanti?

Quale fazione armata, nel grande e caotico coacervo di milizie, è riuscita ad appropriarsene? I gruppi salafiti siriani, la temibile e potente organizzazione siriana di Jabat al Nusra, affiliata ad al Qaeda, oppure – ipotesi forse più credibile - cellule straniere del network del defunto Osama Bin Laden operanti in Siria? Tutti, comunque, acerrimi nemici di Gerusalemme.

Un interrogativo, quest'ultimo, che fa rabbrividire Israele, che negli ultimi giorni ha effettuato almeno due attacchi aerei in territorio siriano contro presunti convogli di armi sofisticate destinate agli Hezbollah libanesi (secondo la Tv di Stato siriana, è stato colpito un centro di ricerca militare di Jamraya vicino alla capitale), spingendo il regime di Damasco a definirle "dichiarazione di guerra".

Al suo terzo anno, e dopo quasi 90mila vittime (di cui la maggior parte civili) la guerra civile siriana rischia sempre più di allargarsi ai paesi vicini trasformandosi in un conflitto regionale dalle conseguenze imprevedibili. Certamente devastanti.

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