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Questo articolo è stato pubblicato il 10 maggio 2013 alle ore 08:27.

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Lo chiamano "Teflon don" ma non è l'originale. Quello è solo John Gotti. Lo stesso soprannome – però – tocca anche a Vito Rizzuto, nato a Cattolica Eraclea (Agrigento) ma, soprattutto, presunto boss della famiglia italo-canadese, dal 1954 alleata della potente cosca siciliana, con ramificazioni in mezzo mondo, Cuntrera-Caruana. Quando il figlio Nick venne ucciso il 28 dicembre 2009, i funerali fecero il giro del mondo per via di quella foto che immortalava la salma in una bara completamente d'oro.

È ancora la famiglia Rizzuto a incrociare i propri destini con quelli siciliani e quelli canadesi, dopo la scoperta di due cadaveri bruciati alle porte di Palermo che potrebbero essere giunti sull'Isola per trattare un nuovo patto, nel nome degli affari, con la mafia di Bagheria.

Quei due cognomi ispanici dei morti, legati secondo gli investigatori canadesi alla famiglia Rizzuto – Juan Ramon Fernadez Paz e Fernando Pimentel – non devono trarre in inganno. Il 19 settembre 2002, dopo l'ennesima retata di sudamericani, polacchi, vietnamiti, statunitensi, francesi e greci ritenuti vicini ai Rizzuto, il Chief superintendent della Royal canadian mounted police, Ben Soave, dichiarò al Corriere canadese: «La mafia allarga i propri orizzonti e si apre a sempre maggiori profitti e contemporaneamente viene meno la protezione del vincolo etnico e famigliare, ormai sono diverse etnie a lottare sullo stesso fronte».

Se si analizza quello che è successo sull'asse Palermo-Toronto-Montreal dall'uscita di scena alla ricomparsa di "Teflon don", non può sorprendere il fatto che la prima ipotesi fatta dalla Procura di Palermo è che l'ordine di morte nei confronti dei due sia giunto dal Canada. Il regno dei Rizzuto, infatti, è diventata una galassia nebulosa dove morti, tradimenti e rapimenti si susseguono nel nome degli affari. Negli ultimi cinque anni tra omicidi e "lupare bianche" tra il Canada (soprattutto) e l'Italia se ne sono andate almeno 50 persone.

Il ritorno sulla scena.
Che sulle rotte siculo-canadese del narcotraffico e del riciclaggio di denaro sporco nel commercio e nell'edilizia oltreoceano, qualcosa dovesse cambiare, investigatori e inquirenti lo avevano capito il 6 ottobre 2012, allorché "Teflon don" venne rilasciato dalla Florence federal correctional complex in Colorado (Usa), dove aveva scontato una condanna a 10 anni per aver partecipato al triplice omicidio di tre esponenti del clan Bonanno (Philip "Phil Lucky" Giaccone, Dominick "Big Trin" Trinchera e Alphonse "Sonny Red" Indelicato). Durante la detenzione negli Stati Uniti, furono uccisi tra gli altri Nick Rizzuto jr, Nicola Rizzuto, Agostino Cuntrera e il 20 maggio 2010 fu rapito il cognato di Vito, Paolo Renda. La vicenda di Renda è paradossale: la moglie il 12 gennaio 2013 ha chiesto alla Corte superiore canadese di dichiarare morto il marito ma il giudice, 10 giorni dopo, ha negato la richiesta. Per molti, dietro ad alcuni di questi omicidi, c'era la mano vendicativa dell'ex boss del clan Bonanno, Salvatore Montagna (poi a sua volta morto ammazzato).

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