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Questo articolo è stato pubblicato il 14 maggio 2013 alle ore 11:13.

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Base americana di Sigonella (Olycom)Base americana di Sigonella (Olycom)

Il Pentagono ha riunito nella base siciliana di Sigonella la forza d'intervento rapido approntata per evacuare in caso di necessità l'ambasciata di Tripoli e i cittadini statunitensi che non hanno ancora lasciato la Libia ormai in preda al caos. Si tratta di unità di forze speciali appartenenti ai Navy Seal e a circa un centinaio degli oltre 500 marines presenti nelle basi spagnole di Rota e Moròn, la cui mobilità è assicurata da due aerei cargo C-130 e 6 "convertiplani" MV 22 Osprey, aerei in grado di mutare l'assetto dei motori atterrando e decollando come elicotteri. Velivoli già impiegati dai marines in Afghanistan rivelatisi preziosi in operazioni d'emergenza in cui non è sempre possibile disporre di aeroporti. "Così saremmo pronti a rispondere rapidamente se necessario, se le condizioni in Libia peggiorassero o se ci fosse richiesto" ha spiegato il portavoce del Pentagono George Little.

La base di Sigonella, che ospita anche droni Global Hawk e Reaper, è ormai diventata il fulcro delle operazioni statunitensi a sud del Mediterraneo gestite dall'Africa Command che ha sede a Stoccarda. Negli ultimi giorni le ambasciate statunitense e britannica e alcune compagnie petrolifere come la BP hanno ridotto il personale in Libia per motivi di sicurezza. Un anno e mezzo dopo l'uccisione di Muammar Gheddafi l'ex colonia italiana sta infatti sprofondando nell'anarchia, feudalizzata da milizie tribali e colpita quasi ogni giorno da azioni terroristiche di matrice qaedista. Solo a Bengasi nelle ultime ore sono stati colpiti diversi posti di polizia e un'autobomba ha ucciso almeno 15 persone nel parcheggio di un ospedale.

A preoccupare gli Stati Uniti non è solo la situazione nel capoluogo della Cirenaica (dove l'attacco dell'11 settembre scorso al consolato statunitense che costò la vita all'ambasciatore Chris Stevens e ad altri tre americani continua a provocare grattacapi all'amministrazione Obama) ma soprattutto lo sfaldamento delle già fragili istituzioni di Tripoli. L'assedio dei miliziani armati a ministeri e parlamento, protrattosi per oltre due settimane, ha dimostrato l'inconsistenza del governo del premier Alì Zeidan e delle forze di sicurezza nazionali mentre l'approvazione della legge che vieta la cosa pubblica a chi ha avuto trascorsi col passato regime rischia di lasciare il Paese in mano alle tribù. Inoltre fonti d'intelligence hanno rivelato che molti miliziani qaedisti in fuga dal Malì sotto l'incalzare dell'offensiva francese hanno costituito tre campi nel sud della Libia, nella regione desertica del Fezzan che fin dalla guerra del 2011 è fuori dal controllo di Tripoli.

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