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Questo articolo è stato pubblicato il 17 maggio 2013 alle ore 06:36.

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Il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi (Ansa)Il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi (Ansa)

L'Europa deve essere l'imperativo categorico comune per rilanciare crescita e lavoro. Ci vuole una coerente e realistica politica industriale europea, da attuare al più presto e con determinazione, per guidare la reindustrializzazione del continente, preso nella morsa della concorrenza cinese e incalzato dalla palingenesi del manifatturiero Usa. Sono i due pressanti appelli che, in questa intervista al Sole-24Ore, il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi (foto), lancia ai Governi dell'Unione. Una sorta di chiamata alle armi per invertire la marcia e far ripartire l'Europa: unica area dell'economia globale in perdita di competitività.

Presidente, lei ha passato due giorni a Bruxelles, ha visto quasi metà dei commissari Ue mentre sull'Unione calava un'altra salva di dati negativi: produzione industriale giù quasi ovunque, Francia in recessione, Germania a sviluppo quasi zero, per non dire dell'Italia. L'Europa sta perdendo l'autobus dello sviluppo?
I primi segnali di recessione si sono visti in Portogallo, Spagna e Grecia. Poi hanno colpito l'Italia. Ora la Francia. E anche l'Olanda. Il problema è generale. La verità è che, come dice il nostro presidente del Consiglio, di consolidamento dei conti si può anche morire. L'Europa deve aprire agli investimenti, alla crescita perché solo in questo modo si può battere la disoccupazione, un problema di tutti.

Non della Germania...
Il modello di sviluppo tedesco è tirato dalle esportazioni. Se l'economia europea rallenta, si ferma o va indietro, a chi venderà la Germania visto che il 60% del suo export è tuttora diretto nell'Unione Europea?

Quindi, mentre gli Stati Uniti con la cura di Barack Obama sono ripartiti, la sua risposta è: sì, l'Europa sta perdendo l'autobus della sviluppo?
L'Europa non l'ha ancora perso. Ma senza decisioni in tempi rapidi rischia moltissimo.

Per esempio?
Gli Stati Uniti sono ripartiti, trainati dall'edilizia e dall'auto in attesa della reindustrializzazione del Paese, che ci sarà. Il Medio Oriente continua ad andare forte grazie alle risorse finanziarie che accumula. L'Asia rallenta, è vero, ma il suo tasso di sviluppo scende dal 9 al 7,7% annuo. L'America Latina continua a ostentare numeri molto positivi nonostante gli alti e bassi della sua politica. Lo stesso vale per la Russia, sostenuta da petrolio, gas e materie prime. Oggi l'Europa è l'unica area dell'economia globale in sofferenza.

Proprio oggi il presidente francese François Hollande ha parlato di "Europa in letargo". Come se ne esce?
In giro la paura che l'Europa non si realizzi sta diventando sostanziale, perché c'è assenza di progettualità politica, le politiche europee che ci sono spesso non vengono attuate, si sta perdendo la volontà politica di stare insieme.

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