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Questo articolo è stato pubblicato il 17 maggio 2013 alle ore 06:36.

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Il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi (Ansa)Il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi (Ansa)

A che cosa pensa in particolare?
In ogni famiglia il bilancio è lo specchio delle aspirazioni e ambizioni comuni. Per la prima volta nella storia comunitaria, invece, quello europeo è diminuito di 80 miliardi in termini reali per il prossimo settennato. Vorrei che il bilancio dell'Europa fosse all'altezza dei bisogni di lavoro dei suoi cittadini, che disponesse di risorse sufficienti per dare contenuti a un'efficace e credibile politica industriale, con un commissario all'Industria dotato anche di un portafoglio, con una solida strategia di medio-lungo termine che metta le imprese europee in grado di affrontare e competere con la sfida della reindustrializzazione americana. Senza dimenticare che oggi nel mondo si compete per aree-sistema e non più da piattaforme nazional-solitarie. I cittadini devono poter toccare con mano, in questi tempi difficili, quello che offre loro l'Europa. La quale ha bisogno del loro consenso costruttivo e non distruttivo, come spesso purtroppo si avverte oggi.

Non è un po' utopica oggi la sua Europa? Un quinquiennio di crisi dell'eurozona ha diviso gli europei invece di ricompattarli, ha scatenato rancori e diffidenze reciproche...
Per me l'euro resta il grande punto di forza dell'Europa, lo strumento che la tiene insieme, anche grazie a un corretto tasso di cambio. Vedo invece la Commissione Ue un po' troppo frammentata e confusionaria. E insisto, mi preoccupa il bilancio Ue, la leva finanziaria che si assottiglia proprio nel momento di maggior bisogno collettivo.

Come si esce dal declino?
Tornando ad investire su crescita, produttività, ricerca e innovazione, con incentivi al mercato del lavoro, soprattutto per i giovani, con patti generazionali anche a livello europeo. Con una politica industriale europea coerente e integrata in tutte le sue articolazioni.

In breve, affiancando un "industrial compact" alla croce e delizia del vigente "fiscal compact"?
L'industria ha bisogno di un approccio europeo coerente. Il che significa che tutte le politiche Ue che hanno un impatto diretto o indiretto sulla competitività vanno strettamente coordinate per aiutare le imprese, non per complicar loro la vita.

Se fosse lei a decidere, quale sarebbe la sua ricetta di "industrial compact " europeo?
Oggi in Europa soprattutto le piccole e medie imprese sono soffocate da oneri regolamentari eccessivi che si traducono in una diffusa incertezza giuridica. Ricerca e innovazione sono essenziali per rilanciare la produttività ma restano insufficienti. La politica commerciale Ue poi deve aprire nuovi mercati e combattere il protezionismo degli altri. La tassazione europea sul lavoro è la più alta del mondo.

Conclusione?
Il successo della politica industriale europea dipenderà in larga misura dalla capacità di fare in modo che le politiche Ue su energia, tutela ambientale, cambiamenti climatici, concorrenza, commercio, ricerca e innovazione, istruzione, accesso al credito per le Pmi e tassazione siano tutte calibrate e attuate in modo da realizzare l'obiettivo della reindustrializzazione dell'Europa. Ma senza dimenticare che tutte le norme europee devono rispondere a criteri di proporzionalità, sussidiarietà ed efficienza dei costi per non distorcere la concorrenza sul mercato unico e perché, su quello globale, le regole europee rappresentino un atout e non un handicap per le imprese che le rispettano.

Ritiene davvero realistica la sua ricetta in questa Europa più estenuata dagli egoismi nazionali che attratta dal bene comune, dalle promesse della sua massa critica e dalle economie di scala che potrebbe sfruttare facendo giocare lo spirito di famiglia?
L'Europa non è una scelta, è un imperativo categorico per sopravvivere nel mondo globale. Prima lo capiamo e agiamo di conseguenza e meglio sarà per tutti. Senza Europa - ma un'Europa vera - non si fermerà il nostro declino.

Secondo lei, anche la Germania della cancelliera Angela Merkel ne è convinta?
Siamo tutti sulla stessa barca, Paesi grandi e piccoli, forti e deboli. Non ci sono scorciatoie per nessuno. Detto questo, fino alle elezioni tedesche di settembre non si vedrà chiaro sulla direzione che prenderà l'Europa. Dopo lo sapremo.

Speriamo bene…
Dobbiamo sperare bene.

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