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Questo articolo è stato pubblicato il 19 maggio 2013 alle ore 19:21.

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Ostacolo numero 5: L'Italia è larga e lunga

Anche se contro ogni previsione si riuscisse a superare di slancio i primi quattro ostacoli, la «trasparenza» della service tax, che dovrebbe permettere a ciascuno di misurare i servizi offerti grazie alla tassa e su questa base giudicare i propri amministratori, rimarrebbe un'utopia. Nel nostro Paese la «capacità fiscale», cioè il gettito prodotto da una determinata imposta a una determinata aliquota, è diversissima da territorio a territorio. Un'addizionale Irpef dell'1% produce in Lombardia il doppio che in Calabria e, all'interno della stessa Lombardia, distanze simili si incontrano tra i Comuni più ricchi e quelli più poveri. Questo impone di prevedere sempre un enorme meccanismo di «perequazione», tramite il quale i territori a maggiore capacità fiscale vanno incontro a quelli meno "fortunati". La legge di stabilità 2013, per esempio, prevede che l'Imu alimenti un «Fondo di solidarietà» fra i Comuni, ancora tutto da applicare, in grado di muovere quasi 6 miliardi di euro nel 2013: già oggi, insomma, nessuno sarà in grado di sapere se la propria Imu, pagata nel Comune X, sarà utilizzata davvero dal sindaco che gli abita accanto o finirà ad aiutare un'amministrazione che si trova a 20 o 1.000 chilometri da casa propria. La perequazione è prevista, giustamente, dalla Costituzione, e qualsiasi ipotesi di service tax non potrebbe che seguire la stessa logica.

La morale: Quindi?

Difficile dire oggi quale strada imboccherà il Governo per abbozzare la «riforma complessiva» del Fisco sul mattone. Viste le tante incognite, il calendario strettissimo e il bilancio pubblico che non ammette distrazioni, è probabile che il grosso del lavoro si concentri sull'imposta municipale del mattone, con un restyling che potrà farle cambiare nome ma che difficilmente escluderà davvero tutte le prime case.

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