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Questo articolo è stato pubblicato il 20 maggio 2013 alle ore 06:39.

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Al momento il giro di poltrone è soprattutto annunciato. Tranne qualche eccezione – come alla Ragioneria dello Stato, dove Mario Canzio ha lasciato il posto a Daniele Franco, direttore centrale della Banca d'Italia; all'Economia, dove Vincenzo Fortunato ha consegnato le redini dell'ufficio di gabinetto a Daniele Cabras, consigliere parlamentare; ai Beni culturali, dove è stato nominato capo di gabinetto Marco Lipari (consigliere di Stato) e confermato Paolo Carpentieri (magistrato Tar); allo Sviluppo economico, dove nell'ufficio di gabinetto a Mario Torsello si è avvicendato Goffredo Zaccardi (entrambi consiglieri di Stato) e al vertice del legislativo è stato confermato Raffaello Sestini (giudice Tar) – nel resto dei ministeri le manovre sono in corso.
Sul puzzle che si va componendo pesa, però, più di un'incognita riguardo ai movimenti dei magistrati amministrativi. Il Consiglio di presidenza, l'organo di autogoverno della categoria, nei giorni scorsi ha infatti approvato un'innovativa delibera proprio sui fuori ruolo. Intanto, si introduce una stretta sulla concessione degli incarichi: si conferma che tutti i capi e i vicecapi di gabinetto devono andare fuori ruolo e così i capi degli uffici legislativi dei ministeri con portafoglio, mentre per i dicasteri senza portafoglio il "Csm" amministrativo deciderà volta per volta, valutando le condizioni dell'ufficio in cui lavora il magistrato che richiede il fuori ruolo. Se l'uscita del giudice indebolisce troppo l'attività del tribunale, l'incarico extra viene negato.

È un giro di vite parziale e che rappresenta un compromesso con la posizione di alcuni componenti del Consiglio di presidenza – posizione che si può ricondurre all'Anma, l'associazione che raggruppa i magistrati Tar – che chiedevano che tutti i capi degli uffici legislativi fossero messi fuori ruolo. «È una richiesta - afferma Roberto Pupilella, componente togato del Consiglio di presidenza – in linea con lo spirito delle nuove regole introdotte dalla legge anti-corruzione».
La delibera, recependo una sentenza della Corte costituzionale, fa pesare i fuori ruolo tanto sugli organici dei Tar che del Consiglio di Stato, mentre finora gravavano solo sui Tar. Dunque, nel decidere sulle richieste di incarichi extra, che provengono soprattutto da consiglieri di Stato, il Consiglio di presidenza dovrà valutare quanto i fuori ruolo indeboliscano le forze di Palazzo Spada.
La decisione è resa ancora più problematica da un incrocio di scadenze. Domani il Consiglio di presidenza ha fissato una riunione straordinaria proprio per decidere sulle richieste di fuori ruolo – ne sono già arrivate una ventina – legate al nuovo Governo. Il giorno dopo l'organo di autogoverno scadrà, ma il nuovo non si potrà insediare perché mentre i componenti togati sono stati eletti a metà aprile, mancano ancora i quattro laici, che devono essere indicati dal Parlamento. Dunque, il vecchio Consiglio di presidenza dovrà continuare a lavorare in prorogatio (tesi che, comunque, non convince tutti). Ma un Consiglio in prorogatio può dedicarsi solo all'ordinaria amministrazione. L'autorizzazione dei fuori ruolo vi rientra? Il dibattito è aperto.

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