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Questo articolo è stato pubblicato il 21 maggio 2013 alle ore 12:20.

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È auspicabile che i tecnici, e non solo quelli del ministero del Lavoro, siano all'opera per "intercettare" parte delle risorse che l'Europa ha messo nel bilancio 2014-2020 per creare occasioni di impiego per i giovani fino a 25 anni. Il piano Youth guarantee ha una dote finanziaria di 6 miliardi, di cui però solo 400 milioni sono destinati all'Italia. Guai, comunque a sprecarle, quelle risorse, come si è fatto finora con i Fondi europei: avevamo a disposizione 8 miliardi (2007-2013) per l'occupazione giovanile, ne abbiamo spesi solo 3,7.
Non sappiamo progettare programmi efficienti e certo sarebbe un errore pensare ora di far diventare, in pochi mesi, l'Italia come la Germania, dove la tradizione dell'apprendistato è radicata e dove sono diffusi ed efficienti i servizi per l'impiego pubblici. Meglio proporre, per casa nostra, piani più adatti alla sussidiarietà informale che, nel corso del tempo, si è stratificata nell'attività di gestione del mercato del lavoro e dove i privati hanno un ruolo decisivo anche per le azioni di interesse pubblico.
Infine la «staffetta generazionale»: è una suggestione che accompagna gli inquilini del dicastero di Via Flavia fin dai tempi di Gino Giugni. Ma è sempre legata a un'idea di contribuzione figurativa (a carico della fiscalità generale) per garantire la totalità dei versamenti previdenziali di chi è in fase di uscita. Funziona se affidata ai contratti di categoria e agli accordi aziendali, ma, se generalizzata, resta una misura onerosa: a un primo conto, ancora un po' grezzo, è stimabile un costo medio di poco meno di 100 milioni di euro per ogni 10mila lavoratori coinvolti in uscita con versamenti figurativi.

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