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Questo articolo è stato pubblicato il 21 maggio 2013 alle ore 12:55.

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Tempo una notte e per le norme sui partiti proposte ieri dal Pd sembra già pronto il fondo di un cassetto. Troppe le critiche sollevate dal testo depositato in Senato, a prima firma di Anna Finocchiaro (Pd), con al centro la personalità giuridica da attribuire ai partiti politici a garanzia di democrazia e trasparenza. La limitazione di fatto della possibilità di partecipare alle elezioni (con il diritto ai conseguenti rimborsi) ha creato un vero e proprio vespaio aggregando al fronte "naturale" di opposizione del M5S esponenti di Sel, del Pdl e persino la componente renziana dello stesso Pd. Stamattina, la marcia indietro di Luigi Zanda.

Confermata la necesità di dare attuazione all'articolo 49 Costituzione
«Sono stupito, mi sembra una polemica del tutto strumentale», dice il presidente dei senatori democratici, perché si tratta di un testo «che ho sottoscritto per migliorare l'ordinamento, non per punire questo o quel partito o per far danno a qualcuno. Se questa è l'interpretazione, non ho alcun interesse a mantenere il provvedimento». Anche se Zanda rimane dell'idea che l'articolo 49 «a quasi 70 anni dalla Costituzione non è stato attuato» e «la sua applicazione aiuterebbe l'Italia a diventare una democrazia compiuta». L'idea di Anna Finocchiaro, condivisa nell'impostazione dal capogruppo del Pd a Palazzo Madama, si muove sulla traccia di un insieme di modifiche messo a punto già nella scorsa legislatura per dar attuazione all'articolo 49 della Costituzione. Oltre ai punti contestati vengono introdotte misure severe sia per gli incarichi di partito (al fine di assicurare parità di genere) sia per quelli esterni (un tetto ai mandati o il conferimento «a tempo determinato» delle funzioni di vertice). E, poi, l'obbligo di trasparenza sui conti, con tanto di pubblicazione online e di certificazione esterna e controllo da parte della Corte dei conti e delle Camere.

Ddl punitivo per il Movimento 5 Stelle
Se approvata così com'è, la proposta di legge costringerebbe tuttavia i Cinque stelle a una svolta affatto digeribile: cambiare la propria fisionomia trasformandosi in un partito politico "classico", che per un movimento che ha sempre rifiutato di confondersi con gli attori tradizionali non è cosa semplice. Aut aut che naturalmente Grillo ha subito detto di voler rifiutare fino alle estreme conseguenze, ivi compresa la possibilità di non presentarsi alle elezioni. Con una postilla pesante: «I partiti si prenderanno davanti al Paese la responsabilità di lasciare milioni di cittadini senza alcuna rappresentanza e le conseguenze sociali di quello che comporterà».

Passi falsi e polemiche strumentali
Il giorno dopo il Pd respinge le accuse che piovono da tutte le parti. Assai perplessa è la vicecapogruppo vicario Pdl alla Camera, Mariastella Gelmini. «Il disegno di legge Zanda-Finocchiaro è un provvedimento sbagliato perché restringe gli spazi di agibilità democratica e dà fiato a Grillo per poter dire che è fatto ad hoc contro il M5S quando sicuramente non è cosi». Pure secondo Alessandra Moretti (Pd) è una polemica «strumentale» quella dei Cinque Stelle. «Questo disegno di legge era già stato presentato nel corso della scorsa legislatura quindi non alcun intento persecutorio, visto che il M5S non era presente nella passata legislatura. È una proposta di legge che vuole porre fine ad una lacuna del nostro ordinamento, che vuole dare trasparenza ai partiti». Allo stesso tempo però Moretti suggerisce di evitare passi falsi. «Questo tipo di legge deve trovare il più ampio consenso e il clima non lo favorisce, quindi trovo corretto un passo indietro, senza negare che è un tema importante che va affrontato per sanare la alcuna che c'è». Sulla stessa linea la presidente del Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani. «Era un errore» e dunque Luigi Zanda ha fatto bene a dirsi disponibile a ritirare il testo.

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